Negli Istituti penali per minorenni (Ipm) si utilizzano sempre più psicofarmaci. Soprattutto antipsicotici -prescrivibili per gravi patologie come il disturbo bipolare e la schizofrenia- per cui la “spesa a persona” è aumentata mediamente del 30% tra il 2021 e il 2022: un dato preoccupante soprattutto se confrontato con il carcere per gli adulti, dove questa crescita si ferma a meno dell’1%. È quanto emerge dall’inchiesta “Fine pillola mai” pubblicata da Altreconomia a inizio novembre 2023 e cui Antigone ha collaborato, che sembra confermare quanto già noto a chi frequenta, quotidianamente, gli istituti per i giovani reclusi. Sono stati proprio degli osservatori di Antigone a raccontare che durante una visita in un Ipm, in una sezione addirittura che ospitava minorenni, hanno avuto la percezione di essere in una ‘sezione sedata’. C’era infatti un silenzio irreale, che ha fatto pensare agli osservatori che i ragazzi fossero a scuola. Invece i ragazzi erano chiusi, silenziosi, sdraiati nel letto. Sembravano tutto fuorché turbolenti come erano stati descritti fino a poco prima. La spiegazione era stata che i ragazzi si erano stancati frequentando la scuola, ma purtroppo era evidente che fossero sotto l’effetto di psicofarmaci.
E i dati ottenuti da Altreconomia sembrano confermarlo. L’analisi copre gli istituti di Torino, Milano, Firenze, Nisida a Napoli, Roma e Catania, dove si trovava più di un terzo del totale dei giovani detenuti a livello nazionale. Tra il 2021 e il 2022 al “Ferrante Aporti” di Torino la spesa generale in antipsicotici è aumentata del 364%, mentre quella “a persona” (legata quindi alle presenze medie in istituto) del 275%. Al Beccaria di Milano, invece, la crescita da un anno all’altro è del 134% (del 125% pro-capite). A Roma, invece, a Casal del Marmo, la spesa in antipsicotici, seppur contenuta in termini “pro-capite”, è passata da dieci euro nel 2018 a 312 nel 2022 mentre, nello stesso periodo, le presenze medie sono diminuite passando da 60 a 33. Ancora: al “Bicocca” di Catania l’acquisto di antipsicotici cresce del 105% tra il 2018 e il 2022. Un periodo di tempo in cui anche al “Meucci” di Firenze si osservano sempre più acquisti di psicofarmaci che arrivano a rappresentare il 60% della spesa totale in farmaci: nel 2018 erano appena il 24%.
Al 30 giugno 2023 erano recluse negli Ipm italiani 409 persone, di cui ben il 55% era minorenne. E l’uso di psicofarmaci è ancor più criticabile per gli effetti che può avere sul sistema nervoso centrale ancora in fase di sviluppo. Soprattutto di antipsicotici. “Nella pratica operativa questi farmaci vengono utilizzati anche in quelle manifestazioni comportamentali borderline, antisociali e narcisistiche del disturbo di personalità, che si concentrano soprattutto nel carcere -ha spiegato a Radio Radicale Giuseppina Paolillo, psichiatra che opera nel carcere per adulti di Parma-. Questi disturbi della personalità possono avere delle manifestazioni comportamentali di franca alterazione in reazione alle risposte che il carcere non riesce a dare. L’utilizzo degli antipsicotici è volto così a sedare questi comportamenti: l’obiettivo è fare stare tranquille le persone”. Diversi psichiatri consultati da Altreconomia hanno espresso perplessità sull’utilizzo così elevato di questi farmaci, anche di fronte a giovani con patologie in corso o pregresse.
Il sovrautilizzo di psicofarmaci sembrerebbe riguardare, da vicino, i giovani stranieri reclusi, arrivati nel nostro Paese non accompagnati. Rappresentano quasi il 50% della popolazione totale. “Per loro la detenzione non è ‘solo’ un incidente di percorso: diventa una tragedia, perché sognavano di migliorare la loro vita e quella dei propri famigliari e si ritrovano reclusi. E faticano ad accettarlo”, ha spiegato ad Altreconomia Pasquale Ippolito che dal 2002 lavora in modo continuativo al “Ferrante Aporti” di Torino, attualmente come responsabile delle attività di formazione professionale per conto di Inforcoop Ecipa Piemonte. In molti casi, secondo Ippolito, i ragazzi, originari soprattutto da Marocco, Tunisia ed Egitto arrivano nell’istituto con pregresse dipendenze da stupefacenti e psicofarmaci a basso costo. “Commettono un reato per rendersi visibili e spesso il farmaco aiuta a calmare gli animi in un clima che, altrimenti, diventerebbe insostenibile”. Il risultato? “Alcuni ragazzi sono lenti e poco recettivi quando scendono a svolgere le attività di formazione proposte”, aggiunge Ippolito.
Anche al Beccaria di Milano -dove manca la tipologia dei farmaci acquistati per il 12,5% degli ottomila euro spesi in totale nel 2022- la situazione non è migliore: la spesa pro-capite è raddoppiata passando da circa 12 euro nel 2021 ai 27 del 2022. Si spende quindi cinque volte di più a detenuto rispetto al “vicino” Bollate, uno dei più grandi istituti per adulti d’Italia. “Escludo somministrazioni non oculate, i giovani arrivano già con dipendenze pregresse -spiega Simone Pastorino, operatore della cooperativa Comunità Nuova al Beccaria di Milano dal 2004-. Il disagio psichico trova sollievo solo se entra nelle patrie galere. Manca un intervento adeguato da parte dei servizi all’esterno”.
Purtroppo sull’adeguatezza prescrittiva, a tre mesi dalla pubblicazione dell’inchiesta, le risposte sono ancora poche. Praticamente nulle sul lato “politico”. Rispondendo a un’interrogazione scritta presentata dall’onorevole Riccardo Magi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha scaricato, di fatto, tutte le responsabilità sul ministero della Salute. “I preposti Dipartimenti -si legge nella nota- non dispongono di informazioni riguardanti i dati epidemiologici nazionali relativi allo stato di salute dei detenuti, trattandosi di dati sensibili gestiti dal ministero della Salute”, così come le informazioni relative alla “somministrazione dei farmaci, alla scelta della terapia e delle patologie trattate nonché all’onere sostenuto dal punto di vista economico che grava interamente sulle Asl”. Il ministro Nordio, in chiusura, scrive che sono attivi un “tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria” con un sottogruppo per la “tutela dei minori” ma non si impegna a chiedere conto di questi dati. Su cui servirebbe riuscire a fare più chiarezza. Un esempio su tutti arriva da Napoli: all’Ipm di Nisida la spesa in psicofarmaci nel 2022 risulta pari a zero secondo le informazioni fornite dalla Asl ad Altreconomia. Un dato in netta controtendenza con gli altri istituti e con quanto dichiarato dallo stesso direttore dell’istituto Gianluca Guida.
Servono risposte -e dati- ma soprattutto una “direzione”. È ancora Ippolito, operatore a Torino, a spiegare il perché. “Serve giocare d’anticipo, non di ripiego e non lo stiamo facendo -spiega-. Mancano i servizi di prevenzione all’esterno: ci sono giovanissimi che vivono anni per strada, senza tutele, e ci accorgiamo di loro solo quando commettono un reato. Se non interveniamo tra dieci anni questo problema ci esplode in mano”. Così come il tema della salute mentale, soprattutto dei più giovani, rispetto a cui lo psicofarmaco rischia di essere un “falso” male minore. “La salute mentale torna a essere psichiatria quando fotografa una diagnosi senza inventare un film sulla prognosi -spiega la direttrice del Centro Salute Mentale del distretto Alto Isontino-. La gravità non è scritta nei cieli: anche le patologie più gravi possono migliorare. E di certo i ‘contenitori’ e i ‘parcheggi’ non servono”.
L’orizzonte sembra molto cupo. Da un lato il “decreto Caivano” entrato in vigore a metà settembre che facilita il ricorso alla detenzione per i più giovani: in tre mesi le presenze negli istituti sono aumentate del 16%. Dall’alto, l’entrata in vigore delle nuove regole per i minori stranieri non accompagnati che arrivano sul territorio italiano con una diminuzione delle tutele: dalla presunzione della maggiore età alla possibilità di essere accolti in centri di accoglienza per gli adulti. Altro che “giocare d’anticipo”, rischiamo di essere già in fuorigioco.
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