“Come si fa? Dire di no, fuori fa freddo
Bambini in felpa levano il giacchetto ai bambini del centro
E non hanno più freddo, ora no
Disordine in casa, sta casa è una camera
Cosa ne sanno, la strada di casa, la strada è una trappola”
(Achille Lauro – WOW)

Negli ultimi tempi, le cronache giornalistiche e i salotti televisivi di attualità dedicano sempre più spazio all’analisi del fenomeno delle “baby gang”, denunciando un incremento della criminalità giovanile che avrebbe ormai raggiunto livelli preoccupanti. Alcuni recenti fatti di cronaca che hanno visto coinvolti dei minorenni, oltre ad una serie di fattori – come ad esempio l’esplosione sui social del fenomeno dei “maranza” – hanno scatenato nell’opinione pubblica la sensazione di essere di fronte ad una nuova emergenza criminalità, sensazione cui il legislatore ha risposto con l’emanazione del Decreto “Caivano” che, tra i vari interventi innovativi, ha previsto la possibilità di applicare misure cautelari personali anche nei confronti di minori indagati per reati di minor gravità.
Tuttavia, appare opportuno domandarsi: siamo davvero di fronte ad un aumento della delinquenza giovanile di portata tale da richiedere un intervento legislativo?
I dati forniti dall’Istat e dal Ministero dell’Interno relativi ai minorenni arrestati e/o indagati nel periodo 2010 – 20221, mostrano al contrario un andamento pressocchè costante nel triennio 2010 – 2012, con un aumento tra il 2013 e il 2015, anno del massimo picco positivo, essendo stati segnalati complessivamente 32.566 minori (il numero massimo registrato fino ad ora).
A partire dal 2015 invece si registra un costante decremento fino al 20192, mentre il numero più basso di segnalazioni nel periodo in esame si è raggiunto nel 2020 con 25.088 segnalazioni, decremento dovuto soprattutto alle restrizioni imposte per contenere la pandemia da Covid – 19.
Nel 2021, dopo il trend in discesa degli anni precedenti, si è registrato un lieve aumento rispetto al 2020 (28.954 segnalazioni) mentre nel 2022 si rileva un considerevole incremento delle segnalazioni, con 32.522 minori segnalati, andando quasi ad eguagliare il picco positivo raggiunto nel 2015. Negli ultimi tre anni dunque vi è stato un effettivo aumento della criminalità minorile, ma non in maniera esponenziale come invece sostenuto dall’opinione pubblica, posto che nel 2015 si è raggiunto un picco positivo anche più alto di quello del 2022.
Inoltre, suddividendo il nostro Paese in cinque macro aree geografiche (Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud e Isole) l’indagine condotta dal Ministero dell’Interno sulla criminalità minorile consente di circoscrivere la ricerca alle segnalazioni provenienti dalle suddette aree; dall’analisi di questi numeri emerge che:

• Nelle regioni del Nord-Ovest (Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta) si registra il maggior numero di segnalazioni. L’andamento è caratterizzato da un trend in aumento nel lungo periodo in esame, con un incremento del 31,98% tra il 2010 ed il 2022. Il biennio 2021-2022 presenta i picchi dell’intera serie temporale, con 9.849 segnalazioni nel 2021 e 10.486 nel 2022. La media delle segnalazioni annue è pari a 8.878;
• Nell’area geografica del Nord-Est (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto) l’andamento della criminalità minorile è quasi sovrapponibile a quello delle regioni del Nord-Ovest, seppure su un ordine di grandezza inferiore: si evidenzia anche qui un trend in aumento nel biennio 2021-2022. Dal 2010 al 2022 si registra un incremento complessivo del 33,77%. La media delle segnalazioni annue è pari a 6.545;
• Nelle regioni del Centro (Lazio, Marche, Toscana ed Umbria) si rileva un incremento dal 2010 al 2022, seppur più contenuto (+21,09%). La media delle segnalazioni annue è pari a 5.676;
• Nelle regioni del Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia) si registra l’andamento più irregolare, con un picco positivo nell’anno 2015 (7.093 segnalazioni) – in corrispondenza del picco delle segnalazioni relative all’intero territorio nazionale – ed un successivo decremento fino al 2020. Si registra poi un decremento del 17,74% tra il 2010 ed il 2022. La media delle segnalazioni annue è pari a 5.233;
• Nelle Isole (Sardegna e Sicilia) si rileva un decremento del 7,38% tra il 2010 ed il 2022; l’andamento del fenomeno risulta sostanzialmente regolare, pur registrandosi due incrementi nel 2011 (4.180 segnalazioni) e nel 2016 (4.294 segnalazioni). La media delle segnalazioni annue è pari a 3.596.

Di seguito viene riportato il grafico relativo ai dati sopra esaminati.3

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Osservando il grafico, si evince come il maggior numero di segnalazioni nel periodo in esame si registri nelle regioni Nord Ovest, con un andamento parzialmente identico nelle aree del Nord Est dell’Italia, mentre le restanti aree geografiche presentano dei trends sostanzialmente autonomi. Occorre precisare che nelle Regioni del Nord Italia, sebbene durante il biennio 2021 – 2022 si sia registrato un aumento dei reati commessi dai minorenni, si tratta in ogni caso di una crescita relativa, ossia limitata al biennio in esame, in quanto l’andamento degli anni precedenti appare irregolare e non in costante aumento. Diversamente, nelle aree del Sud e nelle Isole vi è stato un aumento delle segnalazioni nel periodo 2015 – 2016, mentre dal 2017 in poi si registra una decrescita costante fino al 2021.
I fattori alla base possono essere molteplici: in primo luogo occorre tener presente che al Sud e nelle Isole, dopo il picco del 2016, vi è stato un progressivo calo delle segnalazioni per reati riconducibili alla criminalità organizzata, il che ha comportato un minor numero di minori arrestati e/o segnalati; pur non potendo approfondire adeguatamente l’argomento in questa sede, sembra appena il caso di evidenziare che nel periodo dal 2014 al 2016 nel Sud Italia le indagini condotte dalle forze dell’ordine contro la criminalità organizzata hanno portato alla luce la tendenza delle famiglie mafiose ad avvalersi di gruppi satellite composti da giovanissimi – cui vengono delegate le azioni esecutive nonché il controllo delle piazze di spaccio – come propaggine dei clan storici, ai quali invece rimane la gestione degli affari di più alto rilievo come la gestione del racket delle estorsioni o degli appalti; a tal riguardo, basti pensare che a Napoli, proprio nel biennio 2014 – 2016, nell’ambito della faida tra i clan camorristici del centro storico e la cosiddetta “paranza dei bambini”, sono rimasti uccisi 60 ragazzi, tutti di età compresa fra i 16 ed i 19 anni4. Dopo il picco del 2016 tuttavia, le operazioni di contrasto alla criminalità organizzata poste in essere dall’Autorità giudiziaria hanno portato ad un decremento delle segnalazioni nel Mezzogiorno6, oltre ad una complessiva riduzione del numero di minori che entravano in Istituti Penali per Minori. Nelle regioni del Nord Italia invece vi sono città caratterizzate da un’altissima densità abitativa (come Milano in Lombardia e Torino in Piemonte solo per citarne due) in cui vi è anche una forte eterogeneità culturale, quest’ultima in particolare accentuatasi negli ultimi anni soprattutto a seguito dei recenti flussi migratori che hanno visto arrivare in Italia un gran numero di minori non accompagnati, i quali spesso finiscono nelle grandi città ove ritengono di avere maggiori opportunità di vita. Inoltre, preme sottolineare che nelle aree del Nord Ovest e del Nord Est vi è una generale disorganizzazione sociale e una differente qualità dei servizi di welfare offerti.
Con particolare riferimento a quest’ultimo aspetto, appare interessante un’indagine svolta dall’Istat per la commissione periferie in anni recenti, la quale rivela che gli abitanti delle periferie dei grandi centri urbani hanno una maggiore difficoltà di accesso ai servizi. Secondo i dati più recenti, il 60% delle famiglie hanno difficoltà nel raggiungere il pronto soccorso (contro il 47% del centro), il 19% le farmacie (12,6% nel centro), oltre il 20% mercati, supermercati e negozi di alimentari, oltre il 27% le poste. Vengono ritenuti più raggiungibili rispetto al centro gli uffici comunali, ma comunque dichiara difficoltà nell’accedervi oltre il 30% delle famiglie residenti nelle periferie5. Una difficoltà di accesso ai servizi, per gli abitanti delle periferie, che si può spiegare anche con la carenza di un ulteriore servizio estremamente importante: il trasporto pubblico locale. Di fatti, l’indagine condotta dall’ISTAT ha evidenziato che le famiglie che vivono nelle periferie delle aree metropolitane e che dichiarano difficoltà di collegamento con mezzi pubblici sono il 14,6%, contro il 7,7% delle famiglie che vivono in centro. Questo gap si somma alla minore presenza di molti servizi nelle aree più lontane dal centro, generando ulteriore esclusione per gli abitanti delle periferie.
I dati suesposti sono aggregati a livello nazionale, di conseguenza non forniscono indicazioni sulla presenza di servizi all’interno della singola città metropolitana, e delle differenze nell’accesso ai servizi tra Roma, Milano, Napoli e le altre. Indicano però una tendenza che non può essere trascurata, e che rende necessario che siano rese disponibili ulteriori informazioni e dati sul tema, anche a livello di singolo comune.
Maggiori difficoltà di accesso ai servizi, barriere culturali e linguistiche e minori possibilità socio – economiche tendono a generare sentimenti di insoddisfazione e di rivalsa, specie in quegli strati della società che percepiscono come ingiusta la diversità di condizione, come appunto i giovanissimi. A ciò si aggiunga altresì che, soprattutto nelle aree geografiche del Nord e del Centro Italia – ove negli ultimi due anni vi è stata la crescita più rilevante di delinquenza giovanile – l’insofferenza dei più giovani sembrerebbe essere accentuata da ulteriori fattori socio-economici: ad esempio, una recente indagine dell’ISTAT condotta nel 2021 relativamente al costo della vita in Italia, ha messo in luce come il divario territoriale tra Nord e Sud sia fortemente aumentato negli ultimi anni: infatti, le famiglie del Nord spendono 677 euro in più al mese rispetto a quelle del Mezzogiorno: circa 2.668 euro contro 1.991, mentre la differenza tra famiglie del Nord e del Sud nella spesa per abitazioni, acqua, elettricità è di circa 315 euro al mese; nel dettaglio, 998 euro al Nord, dove si è speso quasi il 3% in più rispetto al 2020, e 683 euro nel Mezzogiorno. L’aumento del costo della vita, nonché la privatizzazione di alcuni servizi pubblici – molto più forte nel Centro e al Nord rispetto al Sud –impedisce ad alcune fasce di popolazione di accedere ad una serie di servizi fondamentali nella vita di tutti i giorni, cui negli anni passati quelle stesse persone avevano invece accesso; pertanto, la difficoltà o l’impossibilità di fruire di determinati servizi porta a vedere coloro che invece possono permetterseli come dei “privilegiati” della società, che hanno la possibilità di vivere in condizioni più agiate pur senza averne merito. Questo senso di frustrazione, soprattutto nelle aree urbane in cui negli ultimi anni vi è stata una crisi del sistema di welfare, favorisce l’insorgere di condotte devianti, le quali vengono alimentate dalla consapevolezza di avere meno di altri senza che vi sia un’effettiva ragione di fondo.
Tali elementi, sebbene non possano ritenersi esaustivi, consentono comunque di individuare i principali fattori alla base della delinquenza minorile e di spiegare, almeno in parte, l’incremento della stessa nell’ultimo triennio. A questi devono poi aggiungersi fattori determinati dal contesto storico: ad esempio è emerso che dal 2021 in poi vi è stato un aumento delle segnalazioni per rissa, lesioni personali o percosse che vedevano coinvolti minorenni, con un costante aumento nei minori stranieri coinvolti in questo tipo di reati. Questo dato può essere spiegato alla luce del fatto che le restrizioni imposte nel 2020 hanno avuto un impatto fortissimo su tutta la popolazione, in particolare sui più giovani, i quali sono stati privati di ogni possibilità di sfogo e di interazione sociale, a cominciare proprio dalla scuola. L’assenza di sfoghi e di attività formative ha alimentato un disagio interiore che in alcuni casi esplode in condotte illecite, soprattutto di tipo predatorio.
L’andamento della devianza giovanile – e, più in generale, l’andamento della criminalità – come abbiamo visto dipende da una serie di fattori eterogenei: tentare di attribuire la responsabilità di un determinato trend ad un singolo elemento appare inefficace, sia al fine di individuare le cause sottese al fenomeno, sia al fine di elaborare eventuali soluzioni. Non si può quindi generalizzare sostenendo che l’aumento di reati commessi da minorenni nell’ultimo biennio sia da ricondurre esclusivamente allo spirito di emulazione alimentato dai social o all’esplosione del fenomeno “maranza”. Questi elementi possono e devono essere tenuti in considerazione, ma nell’ambito di una valutazione di più ampio respiro, che indaghi il disagio giovanile guardando alle condizioni familiari, economiche e sociali dei giovanissimi che entrano nei circuiti penali.
Di contro, rispondere alle esigenze securitarie dell’opinione pubblica prevedendo pene più dure per i minori non risolve il problema, al contrario rischia di amplificarne la portata, allontanando i ragazzi da percorsi di formazione scolastica che invece costituiscono il principale deterrente alla delinquenza. In particolare nelle grandi città, sarebbe auspicabile una mappatura della dispersione scolastica nelle zone in cui vi è maggior disagio sociale.
D’altronde, anche con riferimento alla specifica condizione dei minori stranieri non accompagnati – i quali negli ultimi anni costituiscono la principale utenza del sistema penitenziario minorile, a causa della totale assenza di punti di riferimento e di prospettive nel nostro Paese – sarebbe auspicabile una strategia a lungo termine che punti ad investire su politiche di integrazione sociale e di inserimento scolastico, piuttosto che adottare delle soluzioni meramente detentive, le quali vanno ad incidere negativamente sull’educazione di questi ragazzi (i quali molto spesso hanno già dei trascorsi di vita difficili) e dunque si rivelano del tutto fallimentari al fine di promuoverne l’inserimento sociale. La povertà educativa infatti influisce molto sui tassi di devianza giovanile, perciò solo investendo sui giovani con politiche a lungo termine sarà possibile avviare un’azione di tipo culturale effettivamente idonea ad incidere sui livelli di devianza.


Bibliografia:
http://dati.istat.it/index.aspx?queryid=40747#
Report criminalità minorile del Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza, Roma, 23.10.2023
Istat, elaborazione statistica pe la Commissione Periferie, Roma, 24.01.2017
https://www.openpolis.it/la-disparita-nei-servizi-tra-centro-e-periferie/
https://www.fi.camcom.gov.it/sites/default/files/uploads/Studi_Informazione_Economica/Archivi/Statistica_studi_e_prezzi/TABELLA%20VARIAZIONI%20dal%202009%20ad%20oggi
Relazione Direzione Investigativa Antimafia , Roma, 2018, in M. Oliva, “Napoli e la paranza, da ES17 ad oggi: vecchi e nuovi destinati a morte”, 09.02.2019, in www.ilfattoquotidiano.it
https://www.ilsole24ore.com/art/al-nord-famiglie-spendono-677-euro-piu-ogni-mese-AEKD6ghB, 24.06.2022


Note:
1: Fonte: http://dati.istat.it/index.aspx?queryid=40747#
2: Nello specifico 31.246 segnalazioni nel 2016; 30.551 nel 2017; 29.081 nel 2018; 27.929 nel 2019. Fonte: Report criminalità minorile del Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza, 23.10.2023, pp. 8 – 9.
3: Fonte: Report criminalità minorile del Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza, Roma, 23.10.2023, p. 32.
4: Relazione Direzione Investigativa Antimafia , Roma, 2018, in M. Oliva, “Napoli e la paranza, da ES17 ad oggi: vecchi e nuovi destinati a morte”, 09.02.2019, in www.ilfattoquotidiano.it
5: Istat, elaborazione statistica pe la Commissione Periferie, Roma, 24.01.2017, in https://www.openpolis.it/la-disparita-nei-servizi-tra-centro-e-periferie/
6: https://www.ilsole24ore.com/art/al-nord-famiglie-spendono-677-euro-piu-ogni-mese-AEKD6ghB 29.06.2022