Il sistema penale e i minorenni stranieri

Secondo le statistiche del 2021 circa un quarto (25%) dei minorenni e dei giovani(1) adulti presi in carico dagli Uffici di Servizio sociale per i minorenni sono di origine straniera. Più nel dettaglio, dal 1 gennaio al 15 dicembre 2021, su un totale di 20.370 minorenni e giovani adulti presi in carico, gli italiani sono 15.861 e gli stranieri 4.509. I dati sulle provenienze evidenziano che anche nel 2021 le nazionalità più ricorrenti sono il Marocco (801), la Romania (758), l’Albania (440) e la Tunisia (315).

Negli istituti penali minorili (IPM) la presenza straniera è molto più rilevante. Al 15 dicembre 2021, su 343 presenti, gli stranieri sono 148 e gli italiani 195. Guardando alla sola presenza femminile, le detenute straniere sono 11 e le italiane 5. Negli IPM sono maggiormente presenti i giovani adulti (186, di cui 74 stranieri) rispetto ai minorenni (157, di cui 74 stranieri). 

Mentre per i minorenni stranieri - compresi quelli che hanno finito di scontare una pena - è previsto un generale divieto di espulsione (art. 19 Testo Unico Immigrazione), i giovani adulti non godono della stessa tutela e al momento della loro liberazione è concreto il rischio di espulsione dal territorio italiano anche quando abbiano intrapreso virtuosi percorsi di reinserimento. Rischio di espulsione che riguarderà anche gli autori di reato che abbiano finito di scontare la pena durante la minore età allorquando diventano maggiorenni se - come nella stragrande maggioranza dei casi - il reato da loro commesso è ostativo al rilascio di un permesso di soggiorno.

Abbiamo già approfondito nello scorso rapporto la possibilità (nella pratica poco utilizzata) di ottenere un permesso di soggiorno per integrazione sociale in favore dei minorenni e giovani adulti che al termine dell’espiazione della pena abbiano “dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale”. (art. 18 Testo Unico Immigrazione). Oltre a questa disposizione, i giovani adulti che hanno commesso un reato da minorenni hanno davvero pochi strumenti per poter restare regolarmente in Italia, essendo nella stragrande maggioranza di casi stranieri che non hanno familiari regolarmente soggiornanti con i quali tentare di far valere la prevalenza del diritto all’unità familiare rispetto alla non attualità della pericolosità sociale rappresentata dalla commissione di un reato durante la minore età.

Per tutti gli altri, dunque, è concreta la possibilità di essere materialmente espulsi dal territorio italiano a fine pena ovvero di essere trasferiti in un Centro di Permanenza per i Rimpatri. In tali centri, in via generale, possono essere trattenuti gli stranieri irregolari dopo che sia stato emesso un provvedimento di espulsione, nei casi tassativi previsti dalla legge (art. 13 Testo Unico Immigrazione), quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento. In tali circostanze, e a patto che non possano essere adottate misure meno afflittive, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri. 

Pur nell’opinabile assenza di statistiche sul punto, alcuni osservatori privilegiati sostengono che - almeno fino al 2019 - circa l’80% dei trattenuti proveniva direttamente dal carcere o aveva da poco finito di scontare la detenzione. Ciò nonostante l’articolo 6 della legge n.10 del 21 febbraio 2014 preveda che debbano essere avviate in carcere le procedure di identificazione. Norma di buon senso che mira ad evitare che un detenuto dopo la fine della pena sia trasferito in un CPR (all’epoca dell’entrata in vigore della legge in commento denominati CIE, Centri di Identificazione ed Espulsione) per essere lì identificato. Il tempo della pena, anche quello più breve (o comunque quello pari a novanta giorni ritenuto dal legislatore congruo per addivenire alla identificazione dello straniero in carcere) è più che sufficiente per identificare lo straniero, così evitando il calvario della (ulteriore) detenzione amministrativa. A tal proposito va ricordato che la Legge 30 ottobre 2014, n. 161, recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013-bis”, entrata in vigore il 25 novembre 2014, contiene disposizioni volte ad adeguare l’ordinamento giuridico italiano all’ordinamento europeo, e all’art. 3 riduce,, a un massimo di novanta giorni il periodo di trattenimento nei centri di identificazione e di espulsione degli stranieri (oggi CPR) destinatari di provvedimento di respingimento o di espulsione da eseguirsi con accompagnamento alla frontiera. Nel caso di straniero che abbia avuto una pregressa carcerazione tale legge prevede che: “Lo straniero che sia già stato detenuto presso le strutture carcerarie per un periodo pari a quello di novanta giorni indicato al periodo precedente, può essere trattenuto presso il Centro per un periodo massimo di trenta giorni” (2).

La detenzione amministrativa e i minorenni stranieri

Dunque nei CPR possono essere trattenuti neomaggiorenni che hanno commesso il reato da minorenni e destinatari di un provvedimento di espulsione a fine pena. Ciò anche quando gli interessati hanno intrapreso un virtuoso percorso di reinserimento sociale senza tuttavia riuscire ad ottenere un permesso per integrazione sociale o ad altro titolo.

Oltre alla detenzione dei neomaggiorenni fuoriusciti dal circuito penale, desta ancor più preoccupazione il fenomeno della detenzione amministrativa (dunque non per la commissione di un reato ma per mera irregolarità amministrativa, ossia il mancato possesso di un permesso di soggiorno) dei minorenni stranieri.
Anche in questo caso, purtroppo, non esistono statistiche ufficiali relative al numero di trattenuti in CPR che si dichiarano minorenni e che effettivamente vengono riconosciuti tali dopo la procedura di accertamento dell’età.
L’unico dato certo riguarda il CPR di Roma Ponte Galeria dove risultano dimessi dal CPR, nel corso del 2020, ben 19 minorenni (3).
Una tendenza che però riguarda l'intero territorio nazionale, visto che nell’ultimo rapporto tematico sui CPR del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale si legge: “Come constatato nel precedente Rapporto 2018, anche nell’arco temporale di riferimento del presente Rapporto [2019, 2020] il Garante nazionale ha rilevato l’attuazione di prassi non conformi alle norme internazionali e alla disciplina relativa all’identificazione dei minorenni stranieri non accompagnati introdotta con l’articolo 19-bis del decreto legislativo 18 agosto 2015 n. 142 dalla legge 7 aprile 2017 n. 47 recante ‘Disposizioni in materia di misure di protezione dei minorenni stranieri non accompagnati’. I nodi problematici emersi nel corso delle visite realizzate riguardano in primo luogo la mancata attuazione del principio del favor minorennis, secondo il quale ‘nelle more dell'esito delle procedure di identificazione, l'accoglienza del minore è garantita dalle apposite strutture di prima accoglienza per minorenni previste dalla legge’ (19-bis, comma 2 del decreto legislativo 18 agosto 2015 n. 142). Malgrado la lettera estremamente chiara della norma, si è verificato che le persone sottoposte ad accertamento sull’età possono permanere trattenute nei CPR senza godere delle tutele e garanzie che andrebbero loro riconosciute in quanto presunti minorenni” (4).

La riforma del 2017 (L.47/2017, c.d. Legge Zampa) è intervenuta per giurisdizionalizzare la procedura di accertamento di età e prevedere garanzie e tutele per i presunti o sedicenti minorenni anche allorquando gli stessi siano destinatari di un provvedimento di espulsione, in quanto considerati maggiorenni dalle autorità di pubblica sicurezza.Ai sensi dell’art. 5, c. 4 della L. 47/2017, deve essere necessariamente coinvolta la Procura presso il Tribunale per i Minorenni, che in via esclusiva potrà disporre l’eventuale accertamento socio sanitario, allorquando l’autorità di pubblica sicurezza abbia dubbi circa le dichiarazioni del sedicente minore e dei documenti presentati dallo stesso. Tale procedura garantisce altresì cautele per l’accertamento dell’età, la collocazione del minore nelle more della procedura in un centro dedicato ai minorenni e l’adozione da parte dello stesso Tribunale di un provvedimento di attribuzione dell’età che deve essere notificato anche alla persona interessata.

Al contrario della chiara normativa in materia, come visto, nel suo ultimo rapporto sui CPR il Garante nazionale ha denunciato la sistematica violazione delle norme poste a tutela dei presunti minorenni che non sono collocati presso strutture dedicate durante l’identificazione e l’accertamento dell’età. Dunque in via sistematica i presunti minorenni destinatari di un provvedimento di espulsione e di trattenimento continuano ad essere trattenuti in CPR durante la procedura di identificazione e accertamento dell’età.

In termini quantitativi, basti pensare che nel solo 2020 presso il CPR di Roma Ponte Galeria sono stati dimessi 19 minorenni, dopo che ne è stata accertata la minore età. Ciò significa che per un numero considerevole di giorni (ad esempio 27 in un caso monitorato dal Garante regionale e dalla CILD nel mese di dicembre 2020) il presunto minore continua ad essere trattenuto con persone maggiorenni in un luogo, qual è il CPR, destinato alla reclusione e non già all’accoglienza dei minorenni.

La prassi romana, come osservato, non è isolata.
Il Garante nazionale nel suo ultimo rapporto riporta che a causa di una illegittima prassi riscontrata presso l’hotspot di Lampedusa, dove non sono mai registrati nel foglio-notizie le dichiarazioni di minore età dei presunti minorenni, questi ultimi sono condotti al CPR di Trapani come maggiorenni. Solo una volta dentro il CPR di Trapani “ decine di persone provenienti da Lampedusa e lì registrate come maggiorenni vengono riconosciute come minorenni al termine della procedura di accertamento dell’età e, conseguentemente, rilasciate dopo diverse settimane di trattenimento indebito all’interno del Cpr”. 

A Trapani e a Bari i  presunti minorenni sono trattenuti in aree apposite del centro destinate ai soggetti vulnerabili mentre negli altri CPR sono trattenuti nei cameroni con gli altri maggiorenni.

Malgrado le eccezioni di Trapani e Bari costituiscano una lesione minore rispetto a quanto accertato negli altri centri, in tutti i casi è da ritenersi illegittimo che la privazione della libertà personale non venga interrotta come disposto dalla c.d. Legge Zampa, con contestuale apertura della procedura giurisdizionale sopra descritta, la collocazione del minore in luogo idoneo. L’attuazione delle “previsioni che definiscono le modalità dell’accertamento basate su un approccio multidisciplinare, effettuate da professionisti adeguatamente formati e in un ambiente idoneo, rischiano di rimanere sostanzialmente disapplicate” (5).

La realizzazione di accertamenti socio-sanitari disposti dall’Autorità di pubblica sicurezza nei confronti di trattenuti che si dichiarano minorenni senza il coinvolgimento della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni ha comportato, secondo quanto denunciato dal Garante nazionale, numerosi rimpatri di sedicenti e presunti minorenni “senza ulteriori e diverse verifiche”. Nel medesimo rapporto il Garante riporta tre storie di presunti minorenni rimpatriati:

H.O. (data di nascita dichiarata 26 gennaio 2003) rimpatriato con volo charter per la Tunisia il 23 novembre 2020, dopo il trattenimento nel CPR di Gradisca;
J.T. (data di nascita dichiarata 25 maggio 2003) rimpatriato con volo charter per la Tunisia il 7 dicembre 2020, dopo il trattenimento nel CPR di Gradisca;
H.Y. (data di nascita dichiarata 14 ottobre 2003) rimpatriato con volo charter per la Tunisia il 23 novembre 2020, dopo il trattenimento nel CPR di Torino” (6)

Conclusioni: la storia di T.A.

Come autorevolmente sostenuto da Patrizio Gonnella, “La carcerazione non deve cancellare il futuro… Il tempo è dalla parte dei non adulti. Il sistema penale e più specificatamente quello sanzionatorio dovrebbero tenere conto della variabile temporale e non ragionare con un minore come se questi fosse un adulto. Traducendo questa affermazione in pratiche penitenziarie significa che al minore deve essere offerta la possibilità di scegliere tra un numero ampio di opzioni compatibili con l’arco della vita a disposizione non tra una o due opzioni predeterminate come nel caso dell’adulto ristretto in un carcere per grandi. L’adolescente o il giovane hanno tanto tempo per studiare, conoscere, scegliere, imparare una professione, trovare un lavoro. Possono permettersi di sbagliare senza che il tempo funzioni come una ghigliottina. Nel loro caso – ancor più che per un adulto – va costruita una proposta trattamentale capace di guardare ai propri bisogni affettivi, culturali e sociali profondi” (7).

Nessuna proposta trattamentale, nessun reinserimento sociale può essere immaginato ed attuato se lo straniero che fuoriesce dal circuito penale è, nella quasi totalità dei casi, destinatario di un provvedimento di espulsione. Bisogna intervenire per semplificare il rilascio di un permesso per integrazione sociale in favore dei minorenni che durante l’espiazione della pena abbiano dato prova di voler vivere in modo socialmente responsabile. 

Per altro verso, deve essere posta fine alla prassi contra legem di trattenere minorenni in hotspot, CPR ed altri luoghi della detenzione amministrativa, dando piena attuazione al principio del favor minorennis sopra citato.

Concludiamo riportando una breve storia (8), emblematica, che potrà servire a capire quanto può far male, quali danni può causare la detenzione senza reato di un sedicente minore:

T.A. è arrivato nel CPR di Torino da Pisa, dove vive insieme al fratello maggiore. All’udienza di convalida del trattenimento si dichiara minorenne, ma il Giudice di pace convalida la misura per l’assenza di “elementi di certezza circa la minore età del trattenuto”. L’aspetto e il comportamento di T.A., insieme ad alcuni documenti tunisini, alimentano il dubbio nella Questura di Torino. Al ragazzo vengono fatti fare, senza nessun colloquio psico-sociale, alcuni esami radiografici sulla base dei quali viene redatto un referto medico-legale secondo il quale T.A. avrebbe “età stimata di 20-21 anni”. La Questura trasmette il referto alla Procura della Repubblica che deposita un ricorso al Tribunale per i minorenni di Torino per l’adozione del provvedimento di accertamento dell’età. Nonostante la pendenza di tale procedura di accertamento, T.A. viene trattenuto nel CPR di Torino. L’esperienza del trattenimento è devastante: al proprio difensore manifesta smarrimento e sconcerto per le condizioni in cui vive. I contatti con il fratello sono sporadici perché il cellulare è stato requisito dalle autorità. I medici del CPR scrivono che il ragazzo “lamenta crisi depressiva e insiste a dichiararsi minorenne”. Viene così prevista una terapia ansiolitica, ma il ragazzo si procura una serie di tagli sul braccio sinistro. Il 12 maggio 2021, dopo 95 giorni di trattenimento, il medico del CPR rileva un “disagio da ansia reattiva a sintomatologia psico-somatica” dichiarando che “la prolungata esposizione all’attuale contesto restrittivo potrebbe compromettere il suo stato psicofisico e ripercuotersi sulla sua futura esperienza e sullo stato di salute”. 



(1) Le misure cautelari, le misure penali di comunità, le altre misure alternative, le sanzioni sostitutive, le pene detentive e le misure di sicurezza si eseguono secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni anche nei confronti di coloro che nel corso dell'esecuzione abbiano compiuto il diciottesimo ma non il venticinquesimo anno di età, sempre che non ricorrano particolari ragioni di sicurezza valutate dal giudice competente, tenuto conto altresì delle finalità rieducative ovvero quando le predette finalità non risultano in alcun modo perseguibili a causa della mancata adesione al trattamento in atto. L'esecuzione rimane affidata al personale dei servizi minorili. Queste disposizioni si applicano anche quando l'esecuzione ha inizio dopo il compimento del diciottesimo anno di età (art. 24 D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 272, come modificato dall’art.5, comma 1, D.L. 26 giugno 2014, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n 117, e, successivamente, dall'art. 9, comma 1, D.Lgs. 2 ottobre 2018, n. 121).

(2) Stante i successivi cambiamenti normativi relativi al tempo massimo di permanenza all’interno dei CPR, il limite massimo di trattenimento per chi proviene dal carcere e ha scontato almeno novanta giorni di detenzione è di trenta giorni, prorogabile, sempre ai sensi dell’art. 14 TU Immigrazione, “per altri trenta giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l’Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri. Tale termine è prorogabile di ulteriori 15 giorni, previa convalida da parte del giudice di pace, nei casi di particolare complessità delle procedure di identificazione e di organizzazione del rimpatrio”.

(3) Per un approfondimento sulle ultime statistiche relative alla detenzione amministrativa si rimanda a Buchi neri. La detenzione senza reato nei Centri di Permanenza per i Rimpatri, Cild, 2021.

(4)  Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, “Rapporto sulle visite effettuate nei Centri di Permanenza per i rimpatri (CPR) 2019-2020”, pag. 37.

(5) Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, “Rapporto sulle visite effettuate nei Centri di Permanenza per i rimpatri (CPR) 2019-2020”, pag. 37.

(6) Ibidem, pag. 38.

(7) P. Gonnella, Le identità e il carcere: donne, stranieri, minorenni, costituzionalismo.it, 2015.

(8) Storia tratta da Il libro nero del Cpr di Torino, Associazione per gli studi giuridici sull’immgrazione (ASGI), 2021.