La presente intervista è stata realizzata da Marika La Pietra insieme all’avvocata Dott.ssa Gaia Barone, l’assistente sociale Dott.ssa Francesca De Marca e il Dottore in giurisprudenza Riccardo Falcone. Inoltre gli operatori della Comunità presenti erano la Responsabile, psicologa, e l’operatore in qualità di educatore.


Durante la visita ad una comunità per minori a Napoli abbiamo avuto l’opportunità di intervistare tre giovani adulti arrivati in comunità dal circuito penale, che chiameremo R., C. e G.
R. è originario della provincia di Salerno, ha 18 anni, frequenta l’ultimo anno di liceo scientifico e si trova in comunità da 3 anni.
C. è originario della provincia di Napoli, ha 20 anni e attualmente lavora come pizzaiolo.
G. anche lui è di Napoli, si trova in comunità da qualche mese, dopo un ingresso in IPM, dove era già stato in precedenza. La mattina frequenta la scuola alberghiera, mentre al pomeriggio frequenta il corso per operatore turistico e anche il corso per diventare pizzaiolo.
L’intervista è stata condotta alla presenza di alcuni operatori della comunità ed offre uno spaccato delle storie di vita di questi tre ragazzi, le loro fragilità, le loro contraddizioni e le loro speranze. Attraverso il racconto che emerge dalle risposte fornite è possibile intuire il rapporto che i ragazzi hanno elaborato con il reato commesso e la concezione di giustizia a cui fanno riferimento.
Come è composta la tua famiglia?
R: Ho una sorella più piccolina, vivevo con tutta la mia famiglia, mia mamma pure lei è un avvocato, è una civilista.
E tuo padre?
R: Fa un altro lavoro.
C: Io vivo da solo, mia mamma sta di fronte, mio fratello più grande sta in galera. Solo mio padre fatica, gli altri simm tutt quant pregiudicat (solo mio padre lavora, gli altri siamo tutti pregiudicati).
Vuoi condividere che genere di reato hai commesso?
R:
No. Però m’hann dato assaje (no, però mi hanno dato molto [riferendosi alla pena]).
Secondo te è giusta la pena che ti hanno inflitto?
R: Non lo so, però comunque non è un fatto di tempo, ma dipende dalla persona. Dal percorso che uno fa, se capisce che ha sbagliato.
E tu pensi di aver sbagliato?
R: Questo sì.
Voi invece volete condividere che reati avete commesso?
C: Io faccio i reati contro il patrimonio, quasi tutti quanti nella mia famiglia. Poi tengo l’arma [alludendo al reato di detenzione abusiva di armi].
G: Io pure quelli là [alludendo ai reati contro il patrimonio].
Secondo te, quanto incide la vita quotidiana in famiglia e il contesto di origine nella commissione di un reato da parte di un minorenne?
G: Non lo so.
R: Io penso che dipende dalla maturità del ragazzo, non solo dalla famiglia.
C: Secondo me dipende da come sei cresciuto, quello che vuoi fare, quello che vuoi avere.
E cosa vorreste avere?
C: E sord, na bella casa, na machina potent, l’oro nguoll, femmen, chell c vonn tutte quant (i soldi, una bella casa, una macchina di alta cilindrata, oro, donne, quello che vogliono tutti).
Cosa vorreste diventare?
C: Io avrei fatto l’imprenditore.
Perchè avresti fatto? Cioè non potrai più farlo?
C: Adesso è tardi.
G: Io voglio fare il calciatore, sono bravo.
R: Non lo so, forse l’avvocato.
Avete una ragazza?
C: E’ ovvio.
G: Io faccio ammor a 6 ann (sono fidanzato da 6 anni).
E che rapporto avete?
G: Ess adda sta a casa (lei deve restare a casa), fare le cose di casa, adesso deve aspettare che esco.
Deve aspettarti per fare cosa?
C: Fare un figlio, sposarci.
E perché deve restare a casa? Cioè non può studiare, lavorare…
G: No, non può.
Perchè?
C: Perché è femmina.
Dire che “è femmina” non è un motivo, è un dato di fatto. Cioè risponde ad un’altra domanda: tu sei maschio e lei è femmina. La domanda era: perchè non può fare altro che stare a casa, ad esempio studiare o lavorare?
G: Vabbè perchè uno è geloso, ti deve portare rispetto.
Quindi se lavora ti manca di rispetto?
G: Vabbè, non in questo senso.
E in che senso?
G: No, cioè può sbagliare. C. dammi una mano.
Quindi quando una mamma lavora è una che sbaglia?
G: Dipende dalle situazioni, se deve andare a lavorare per forza… Poi le altre femmine fanno quello che vogliono, ma la mia fidanzata fa quello che dico io. Pure lei, però, non vuole che io faccia le cose.
Sei fedele?
G: Io si.
Invece volevo sapere: cosa ne pensate degli stranieri?
G: A me mi stanno un po’ antipatici, io non li capisco, cioè quando parlano, non si capisce niente. Però se ci devo dormire nella stessa stanza non mi cambia niente.
C: Pe me fetan, se lavano pure, ma fetan e pann, a roba nguoll, chell c se magnano (per me puzzano, si lavano pure ma gli puzzano i vestiti, quello che indossano, quello che mangiano).
Quindi non ci andate d’accordo?
G: Io tipo con uno nell’altra comunità poi ci sono diventato amico. Però lui non era come gli altri.
E com’era? Cosa aveva di diverso dagli altri?
G: Vabbè era simpatico.
Che deve fare uno per essere simpatico?
G: Deve ridere, fare le battute, saper stare in mezzo agli altri.
Mentre gli altri non sanno stare in mezzo agli altri?
G: No, tipo stanno per fatti loro.
Forse perché non si sentono molto ben voluti, integrati?
G: Non lo so, non li capisco quando parlano.
R: Secondo me non c’entra simpatia o antipatia. Gli stranieri la maggior parte stanno qua dentro non perchè hanno fatto i reati, ma perchè in Italia non ci possono proprio stare.
C: Si ma infatti soffrono più loro, alla fine noi lo sapevamo che se fai le rapine vai a finire in galera, quelli invece che ne sanno che vanno in Italia e poi vanno in una cosa tipo galera.
Quindi secondo te sono vittime?
C: No, non è che sono tutti bravi eh?!
Per te le vittime sono tutte brave?
C:
Eh si, forse, non lo so.
Quindi chi come voi ha commesso degli errori, non è né vittima né bravo?
C:
Bravi no, noi non siamo bravi.
E chi è bravo?
G:
Mammà è brava, chi studia.
R: No, vabbè questo non è vero. Allora tutte le persone che hanno studiato sono brave?! Ma quando mai. Anzi quelli sono i peggiori a volte.
Allora vi faccio un’altra domanda: vi ricordate la prima volta in cui si è parlato di “avvocato” o di “galera” o di “processo” o “udienza” a casa vostra?
R:
Io, a me, a dint a panz (da quando ero nella pancia di mia mamma).
C: Io non mi ricordo, però ti dico che comunque tralasciando mio padre che manco i documenti c’ha dato mai mmano e gguardie, poi tutt e frat miei hanno sbagliato, so stat carcerat (non mi ricordo ma tralasciando mio padre che alla polizia non ha mai dato nemmeno i documenti… tutti i miei fratelli hanno sbagliato, sono stati in carcere).
Quanti siete?
C:
Siamo 7 figli. Simm na squadra (siamo una squadra). Pure i miei fratelli hanno sbagliato quindi so da piccolo che vuol dire comunque la galera, un processo, un avvocato, un colloquio. Io da piccolo pensavo che incideva in modo positivo. Vedevo mia mamma fare i colloqui, per lei era un peso. Non mi posso mai dimenticare quando andavo ad Airola a fare i colloqui a mio fratello e dicevo “wa vuless vrè proprio comm’è” e poi ce song iut a fernì (vorrei proprio vedere com’è e poi ci sono finito).
Sono stata ultimamente all’IPM di Airola, (rivolgendomi a G.) so che anche tu ci sei stato.
G: Quando sei andata?
Mi pare a febbraio.
G:
a gennaio sono uscito io, il 19 gennaio.
E che ci fai di nuovo in comunità?
G:
Eh… sempre le stesse cose… Mi dispiace, io me ne devo andare, devo fare volontariato, sennò perdo il passaggio.
Certo, non ti preoccupare, anzi grazie di aver condiviso con noi tutte queste cose. Ma anche voi, quando volete, se volete interrompere l’intervista sentitevi liberi di farlo.
C:
io pure tra poco vado in palestra.
Vuoi dimagrire?
C:
Dal primo giorno sto pieno di dolori. Voglio perdere un po’ di chili almeno per la stagione [estiva].
Tu pure fai volontariato?
C:
Io? No, io la mattina vado a scuola.
Che scuola fai?
C:
L’alberghiero.
E ti piace?
C:
Sì, sì. La mattina faccio la scuola, poi il pomeriggio vado in palestra e la sera a lavoro.
Che lavoro fai?
C:
Il pizzaiolo.
E questo ti piace?
C:
Dipende, lo faccio per soldi.
Però hai detto che fai l’alberghiero, quindi forse la cucina in generale ti interessa almeno un po’?
C:
Teng na carta. Penso se nu juorne nun fatic, sacc fa o pizzaiuol (ho un attestato, penso che se un giorno non avrò un lavoro, almeno saprò fare il pizzaiolo).
Un piano B, ma anche un biglietto da visita, se un giorno volessi andare in un altro posto in Italia o nel mondo può essere importante avere la qualifica di pizzaiolo.
C:
Certo.
Sinceramente, quanto pensi ti abbia cambiato il percorso in comunità?
C:
Appena entrai qua dentro, stavo tutt scuppiat, tutt esaurit (quando arrivai qui, ero un po’ fuori di testa, ero esaurito).
Quanto tempo fa sei entrato?
C:
Allora sono due anni buoni, sono arrivato a marzo del 2020.
Quando è scoppiato il Covid…
C:
No, mi hanno arrestato il 7 novembre 2020. So stat 5 mesi carcerat (sono stato 5 mesi in carcere).
Dove?
C:
sono stato a Nisida 10 giorni. Poi mi trasferirono ad Airola dove sono stato 4 mesi e mezzo.
E quanto ti manca?
C:
Finisco il 12 gennaio 2024…. Manca poco!
E tu sei qui per la ragione che dicevamo prima? Una rapina?
C:
Non una, sette.
Ti hanno addebitato 7 rapine?
C:
E c’aggia fa?! (e cosa devo fare?!)
In un unico processo?
C:
Foss a Maronn, già stev a casa (magari, sarei già tornato a casa). Io ho 4, 5 processi, 4 o 5 giudici.
Al netto di tutte le bugie che ognuno di noi si racconta, cosa pensi?
C:
No, no, io sono sincero. L’assistente sociale dà i numeri con me perché dico sempre la verità, sono schietto. Non mi interessa chi sei, se sei un grado più alto di me, non m’interessa proprio.
Fai bene. Quindi cosa pensi che succeda quando esci di qua: è più probabile che tu vada a fare il pizzaiolo o che commetta un’altra rapina?
C: Sapevo che era questa la domanda. E’ la domanda che mi fanno tutti quanti e rispondo sempre lo stesso. Si facc na rapin c me poss sistemà, je a faccio (se si tratta di una rapina che mi garantisce la sistemazione, la faccio). Se è una rapina per 2, 3 o 5 mila non ci vado. Per esempio se già so che sono 300 o 400 mila euro in un altro ambiente, c teng a vedè (che m’importa). Gliel’ho detto anche al giudice eh, è la verità.
Secondo te tutto il tempo che ti hanno dato da scontare in comunità è un tempo che tu reputi giusto?
C:
No, cioè io ho fatto una stronzata. Poi faccio un bel percorso in comunità, vado a scuola, la palestra, lavoro, cioè non è difficile, ma manco facile. Un ragazzo che si svegliava alle 6 del pomeriggio e la sera vedeva come spendere i soldi… Ora è diverso, quindi ti dico è tanta roba. Ho fatto un percorso di un anno e mezzo qua dentro, però dopo un anno e mezzo mi tengono ancora chiuso qui, non ha senso.
Quindi sei d’accordo con R., nel senso che non è un fatto di tempo ma dipende dalla persona?
C:
No, per esempio nel caso di R., lui sta da tutto questo tempo per scelta sua. Cioè non per scelta sua, ma per le stronzate che ha fatto lui, nel senso che fa varie sciocchezze che se vuole ti dirà. Ma io ho fatto un percorso molto diverso da R. Poi ho preso la stessa condanna che ha preso R., ma R. c’ha un reato più grave, capito? Anzi, penso che ho preso qualcosa in più io.
Se tu dovessi dirci quale reato è grave secondo te, quale diresti?
C:
Tutti i reati sono gravi.
Tutti quanti sono gravi allo stesso modo? Se menti ad un pubblico ufficiale e commetti un reato di false dichiarazioni è un reato grave?
C:
Comm no, però aspè pure loro dicono le palle a me, nun è reato? (Come no, però aspetta, anche loro mi raccontano bugie… Allora non è reato?).
Ma loro sono pubblici ufficiali, tu no.
R:
No, io stu fatt nun so d’accord. Agg fatt l’oltragg 7 vote, me voglio semp appiccicà cu lor (non sono molto d’accordo, ho commesso oltraggio a pubblico ufficiale 7 volte, voglio sempre litigare con loro).
Quindi se dovessi pensare ai reati più gravi, a quali penseresti?
C:
Vabbè associazione [a delinquere], omicidi, però dipende pure per quale ragione fai l’omicidio. Però non è che lo dico io, lo dice pure la pena. Cioè con la rapina puoi prendere pure 7, 8 anni, poi se fai 7, 8 rapine da maggiorenne puoi prendere 20 anni senza sconti di pena. Un amico mio per truffa, anzi no, per furto – e il furto è un reato scemo – ha preso 11 anni.
R: Wa te schiattan (è molto).
E questo per cosa?
C:
Vabbuò chill er drogat, s’arrubbava tutt cos (vabbè perchè era tossicodipendente, quindi rubava qualsiasi cosa).
Secondo voi quando una persona commette un reato non ha idea delle conseguenze?
R:
Sì ci pensi… Ma non è che pensi “adesso mi arrestano”, pensi a tornare a casa.
Quindi non avete pensato, “adesso scendo, commetto questo reato, poi magari devo scontare 4 anni se mi arrestano”?
C:
Io no, poi ero piccolo, pensavo “al massimo me danno nu buff e m’accumpagnano a casa” (al massimo mi danno uno schiaffo e mi riaccompagnano a casa). Invece sto ancora qua.
Quanto è importante per voi la libertà?
C:
Pe me assaje, a libertà nun ten nu prezz, cioè è bellissima (per me tantissimo, la libertà non ha prezzo, è bellissima).
E allora non è un po’ contraddittorio? Mi spiego, se hai una relazione tu dovresti avere la libertà di fare quello che vuoi. Il grado di libertà che tu o lei avete nella relazione chi lo decide?
C:
Io. Io sono maschio. E’ inutile che me lo dici, perché già lo so che mi vuoi dire “siete due persone diverse, tu puoi fare quello che vuoi tu e lei può fare quello che vuole lei”, ma io no, so tropp maschilista, so troppo ignorante ngopp a sta cosa (sono troppo maschilista, sono troppo ignorante per queste cose).
Tipo quali cose tu puoi fare che lei non può fare?
C:
Non lo so…
Tu, per esempio, la puoi tradire?
C:
No, non esiste.
E lei, secondo te, può studiare, lavorare?
C:
La mia fidanzata ha fatto le scuole, si è diplomata, facc ammore a sei anni (stiamo insieme da 6 anni).
E tu hai 20 anni, giusto?
C:
Sì, l’ho conosciuta quando avevo 14 anni. La mia fidanzata ha studiato pure per fare l’estetista, ma nun fatica (ma non lavora).
Perchè?
C:
Perché non esiste.
Perchè?
C:
Perchè so gelus (perchè sono geloso).
Di cosa?
C:
Di tutto quanto.
Quindi se divento una sua cliente sei geloso?
C:
No, se sei femmina no. Però a me già mi da fastidio la donna-lavoro.
Perchè?
C:
Perché sono troppo maschilista, te lo sto dicendo.
Però se fai un’affermazione devi anche interrogarti sul perché la fai. Quindi, se dici di essere maschilista, allora ti chiedo, perchè?
C:
Perchè io so cresciut ca o maschio fatica e port e sord e a femmena sta a casa e cresc e figli (perchè io sono cresciuto secondo l’idea per cui il maschio lavora e porta i soldi a casa, mentre la femmina sta a casa e accudisce i figli).
E’ anche vero che puoi emanciparti se non sei d’accordo e pensarla diversamente da come ti hanno cresciuto.
C:
Ma io sono d’accordo, sono d’accordissimo.
E perchè?
C:
Ma che significa? Perchè mi piace.
Per esempio io non sono d’accordo con te e ho un motivo. Non sono d’accordo perchè indipendentemente dal sesso, un individuo deve essere libero di fare ciò che vuole. Quindi se tu non sei d’accordo con me, ti chiedo: perchè?
C:
Allora la mia fidanzata un lavoro ce l’ha. Lo sai che fa? Il doposcuola a casa sua, nel senso che vann e criature a casa soja e fann o doposcuola (nel senso che i ragazzi vanno a casa sua e lì fanno il doposcuola).
Ok, ma credo tu stia evadendo la domanda…
C:
Perché per me è giusto così.
E non ti dispiace che per esempio alla tua ragazza piacesse fare l’estetista o le piacerebbe e che metta da parte una cosa che le piace per te ?
C:
Lo sai che c’è? A me personalmente mi farebbe pure piacere che lei lavorasse, però non esistono i centri estetici che lavorano solo con le femmine, capito?
Ma se lei sta con te che te ne frega scusa?! Lei sta con te da sei anni, vi volete bene..
C:
No ma io mi fido eh, per esempio ce dong a machina e lei se ne scende, va a pigliare la compagna, però per esempio devo decidere io la compagna chi è. Se so che quella compagna non mi piace o nun è bbuona, nun te facc scender cu chella (no ma io fido, ad esempio le do la macchina e lei va in giro, va a prendere la sua amica, ma devo decidere io chi è l’amica. Se quell’amica non mi piace, non ti faccio uscire con lei).
E lei lo accetta?
C:
Per forza lo deve accettare.
E lei a te può dire cosa fare o non fare?
C:
Sì, per esempio io dall’estetista non vado perchè so che lei potrebbe essere gelosa. E’ la stessa cosa.
Quindi è uguale per entrambi?
C:
Sì, uguale.
Siete sullo stesso livello, quindi.
C:
Non proprio lo stesso livello.
Tu stai sopra?
C:
No, sopra no, mi fraintendi.
Ma non è un giudizio. Per me va bene qualsiasi risposta purchè ci sia un ragionamento dietro.
C:
Eh ma io sono troppo ignorante.
Però questa cosa non coincide con quello che hai detto all’inizio e cioè che se ti focalizzi su qualcosa, hai una potenzialità di miglioramento.
C:
E che vuoi dire con questo? Io stavo parlando del settore imprenditoriale, lavorativo.
Però magari questa capacità la puoi applicare anche in altri ambiti…
C:
Ma non voglio.
Non vuoi perchè non ti rende felice?
C:
No, per esempio sono più contento, che ne saccio, che ‘o satellitare mio ess o tene ngopp o telefono, così lei sa io dove sto, dove vado, che faccio, perchè io voglio dare fiducia a ess (no, per esempio, sono più contento, che ne so, se lei può geo-localizzarmi, se sa dove sono, dove vado, cosa faccio, perche le voglio dare fiducia). Però se io ti dico “chesta cosa nun l’e fa” (questa cosa non la fare) non è “non farla punto e basta” ma “non farla perchè… Poi se la vuole fare la fa, però io t’appendo (ti lascio)”.
Quanto sei innamorato?
C:
100.
E lei ti aspetta da 4 anni?
C:
Pure vent’anni m’aspetta. Essa nun ha idea e chesti cose, non è cresciuta accussì. Ess è nata e crisciuta a Milano, a 13 anni è venuta qua, a 14 anni s’ha mis a fa ammore cu mme (lei non ne sa di queste cose, non è cresciuta così. Lei è nata e cresciuta a Milano, è venuta qui a 13 anni e aveva 14 anni quando ci siamo fidanzati). Parlava ancora italiano.
Adesso parla napoletano?
C:
Quando litighiamo parla ancora italiano.
La tua materia preferita qual è?
C:
Era.
E’. Fai l’alberghiero?
C:
Vabbè, ma faccio solo ristorazione.
Solo pratica? Non c’è teoria?
C:
Sì, tipo ascolto.
Che ascolti?
C:
Quello che ci spiegano, le lezioni.
Sei distratto a tutte le lezioni, vero?
C:
Arrivo sempre un po’ più tardi perchè comunque lavoro, faccio tardi a lavoro la sera.
Credi che la tua famiglia disapprovi il fatto che tu abbia commesso dei reati e sia stato in carcere?
C:
Sicuramente mammà nun se l’aspettava però quand figliete fa nu sbaglio, è sempe figliete. Nun è comme dice tu, disa.. desa.. comm hai detto? (Sicuramente mamma non se lo aspettava, ma anche se un figlio sbaglia, rimane sempre tuo figlio. Non è come dici tu… Disa…?)
Disapprovazione
C:
Si, ma sono sempre suo figlio.
Certo.
C:
Pure se fosse, non me lo fa notare, capito?!
[Nel frattempo G. torna a prendere parte alla conversazione]
G: A me per esempio na vota papà mettett e man nguoll a mammà incinta.. Po’ ess o perdett o criatur, steve incint. Però nun l’ha pers pe chell, succedett dopp, ja (per esempio, una volta papà picchiò mia madre mentre era incinta. Alla fine lei perse il bambino. Però non lo perse per quello. E’ successo dopo). Poi mi hanno arrestato quando avevo 14 anni e 1 mese.
E da lì sei andato in comunità?
G:
Si, ma non qua. M’ hanno purtato prima a Scisciano, poi aggio fatt l’evasione, iett annanz o giudice e o giudice dicette “mo te dong o trasferimento, però si scapp n’ata vota te dong Nisida”. Io poi facett a messa alla prova e tutto apposto (si ma non qui, mi hanno portato prima a Scisciano, poi sono evaso, mi hanno portato davanti al giudice il quale mi disse “adesso dispongo il tuo trasferimento, ma se scappi un’altra volta, ti mando a Nisida”). Poi mi arrestarono un’altra volta. Sono stato in carcere, ho fatto 5 mesi all’IPM di Airola e poi mi hanno portato qui il 19 gennaio.
Sono qui da 4 mesi, però io penso na cosa, mo io sto facendo ste tarantelle da quando tenevo 14 anni, mo ne tengo 18. Mo agg capito che essa [la mamma] mo è viva e nun poss fa semp sti ccose, m’aggio sfasteriat, trasì, ascì, teng pur l’esempio e papà. E’ trasut, è asciuto, s’ha fatt quasi trent’ann e carcere e quindi io nun l’agg mai cunusciut a papà ja. M’agg vissut chiù a mammà. A sorema, l’agg vist o primm ann quand er piccerella, poi pur essa m’ha vist sempre in carcere. E a me chesti cos pur m’hann dispiaciut, ja. Però mo agg capit ca a libertà nun ten prezz, però pens ca se esco in libertà e nun teng n’euro (però io penso una cosa, io sto facendo queste cose da quando avevo 14 anni, adesso ne ho 18. Adesso ho capito che essendo mia madre ancora viva, non posso fare sempre queste cose, mi sono stufato, non posso entrare e uscire come papà. Ho vissuto di più con mamma. Mia sorella l’ho vista il primo anno quando era piccola, poi anche lei mi ha sempre visto in carcere. Mi dispiace molto per tutto questo. Adesso ho capito che la libertà non ha prezzo, però se penso a quando riacquisterò la libertà e non avrò un euro…).
Intendi dire che comunque senza soldi non avresti la libertà di fare quello che vuoi?
G:
No, dico, se oggi o domani esco, alla fine mi mancano due anni, e nun teng n’euro, mi trovo un’altra volta mmiezz a na piazza, solo io e me sfasterio e faticà, io oggi o dimane sceng n’ata vota a rubà. Ma non perchè io lo voglio fare ma perchè a me me servono e sord. Io voglio e sord facili. Io se esco a cca dint e che ne so, m’arrobb nu ricchin, na sciocchezza, se mi va bene, appena lo vedo penso “o mo, o me ne vaco carcerato (se oggi o domani uscissi – alla fine mancano due anni – senza un euro, mi ritroverei un’altra volta in mezzo alla strada, da solo e mi stuferei di lavorare. Oggi o domani ricomincerei un’altra volta a rubare. Ma non perchè io lo voglia fare, perchè mi servono i soldi. Io voglio avere i soldi facili. Se esco da qua dentro, che ne so, rubo un orecchino, una sciocchezza, se mi va bene, appena lo vedo penso “adesso me ne ritorno in carcere”).
Quindi ci pensi e poi?
G:
Penso che se mi è andata bene, lo posso fare un’altra volta. Io non mi riesco a fermare.
Però hai fatto un percorso qui e nell’altra comunità; ci avrai pensato, avrai capito sicuramente qualcosa…
G:
Io? Io non ho capito proprio niente, per cui per me non serve a nulla stare qui dentro.
Non ti piace qualcosa che fate qua?
G:
No, niente.
Per esempio, hai pensato che quando sarai libero potresti trovare un lavoro che ti piace?
G:
Sì.
Esisterà un lavoro che pensi sia bello, che ti può piacere…
G:
Il barbiere.
E’ pure un lavoro ben remunerato. Potresti imparare a farlo.
G:
E ma ti ho detto, io mi scoccio di fare tutto. Pure qua dentro.
Però mi hai detto che ti piacerebbe farlo.
G:
Si, mi piace come mestiere, ma già se l’avessa fa io, no. Facess la prima settimana, la seconda settimana, pure la terza settimana, poi comm so fatt io mannass tutte cos a puttane (sì mi piace come mestiere, ma se lo dovessi fare io, no. Lo farei la prima settimana, la seconda, pure la terza, ma poi per come sono fatto io, manderei tutto a puttane).
Però non lo sai… Come fai a dirlo.
G:
E ma pure ccà, io a matina aggia fa e cors, perchè mo teng n’ata vota la messa alla prova, l’aggio avuta 3 mesi fa, mi devo svegliare e penso ma che vulite, faciteme sta quieto (anche qui, la mattina assisto ai corsi, dato che adesso sono un’altra volta in messa alla prova, l’avevo già avuta tre mesi fa. Mi devo svegliare presto e penso “ma cosa volete, lasciatemi tranquillo”).
Non lo faresti neanche per tua mamma?
G:
Nun me ne fott, io se lo faccio o faccio pe mè. Mammà è grossa e vaccinata e tiene le cose sue, io tengo la vita mia, a 18 anni aggia vedè che significa la maturità. Voi mi vedete così ma io nun song. Io ho fatto gli errori miei perchè ho cominciato a giocare, eurobet, cavalli e all’improvviso mi sono trovato in mezzo al mare, con la testa sotto e i piedi in alto. Dovevo dare 1.700 a uno, 3.500 a n’ato, poi 570 a uno e 100 euro a chill’ato e quindi dissi, se vaco a faticà che faccio?! Nun poss ì, m’abbusco 100 euro a settimana e che faccio? L’aggio fatt già, andavo da uno mi dava 70 euro a settimana, mi sfruttava, ja. E quindi io dicett ma chest è? Chest me dai? E iss dicett, si nun te sta buono, vattenn. Ittaje tutt cos nderr e me ne iett. Io poi so sfriggiaiolo. M’appiccicai con questo, pensai appena parla, ‘o vatto. Vabbuò tu me stai sfruttann o frat, tutt e juorne dalle 7 e mezza a matin fino e 5 e mezza o pomeriggio là dentro. Mo m’aggio fatt ancora chiù gruoss. Le dicesse, mi hai sfruttato quando tenevo 14 anni, mò te faccio chiudere a puteca. Io poi perdo la testa. Mammà ha semp vulut ca io jev a faticà. (non mi interessa, se lo faccio lo faccio per me. Mamma è grande e vaccinata, ha le sue cose, io ho la mia vita, a 18 anni devo vedere che cos’è la maturità. Mi vedete così, ma io non sono così. Ho commesso degli errori perchè ho cominciato a giocare, eurobet, cavalli e all’improvviso mi sono trovato in mezzo al mare, con la testa sotto e i piedi in alto. Dovevo dare 1700 ad uno, 3500 ad un altro, poi 570 ad un altro ancora, 100 euro a quell’altro e quindi mi chiesi “se vado a lavorare come faccio?” L’ho già fatto, andavo da uno che mi dava 70 euro a settimana, mi sfruttava. E quindi pensai “ma questo che è? Questo mi dai?” E lui mi disse, se non ti va bene, allora vattene. Presi tutte le mie cose e me ne andai. Io sono vendicativo. Litigai con lui, pensai “appena parla ti meno, tu mi stai sfruttando”. Tutti i giorni dalle 7 e mezza del mattino fino alle 5 e mezza del pomeriggio là dentro. Adesso sono ancora più grande. Gli dissi, mi hai sfruttato quando avevo 14 anni, adesso ti faccio chiudere bottega. Io poi perdo la testa. Mamma ha sempre voluto che io andassi a lavorare).
E tu non l’ascoltavi?
G:
No. Ho fatto pure due anni di scuola alberghiera. Non ho fatto niente. Non ho imparato niente.
Secondo te quale cifra dovresti guadagnare per poter vivere bene?
G:
250, 300 euro a settimana.
C: 250 è buono?! 300 euro la settimana è quello che guadagno io.
E’ l’ora della pausa pranzo, per cui si decide di interrompere l’intervista.