Per comprendere il sistema italiano della giustizia minorile in tutta la
sua portata, è sempre utile dare uno sguardo a quanto accade in altri
Paesi. Abbiamo scelto di guardare qui alla giustizia minorile
dell’Inghilterra e del Galles visto lo spazio che la separa da quella
italiana in termini di impianto complessivo e di scelte di intervento e
vista la conseguente capacità che una tale considerazione potrà avere
nel far risaltare i contorni del sistema italiano.
Il sistema giudiziario minorile britannico è molto frammentato, in
quanto si muove sulla falsariga delle articolazioni regionali che
caratterizzano il Regno Unito. Sia la Scozia, sia l’Irlanda del Nord,
dispongono di sistemi giudiziari minorili propri, che i processi di
decentramento culminati con la concessione di ampie autonomie locali
durante il primo governo New Labour capeggiato da Tony Blair (1997)
hanno ulteriormente accentuato. Anche il Galles, a partire dal 2001,
dispone di un proprio parlamento, ma continua a fare riferimento
all’Inghilterra a livello amministrativo e giudiziario. Questo
contributo verterà sulla descrizione e sull’analisi del sistema
giudiziario minorile di Inghilterra e Galles, sia perché queste due
entità amministrative rappresentano quasi il 90% di tutta la popolazione
del Regno Unito, sia perché l’articolazione dell’organizzazione
giudiziaria minorile, nonché l’implementazione delle politiche di
intervento, si muovono secondo linee giuda radicalmente diverse da
quelle italiane, laddove la Scozia, soprattutto, e l’Irlanda del Nord,
cercano di avvicinarsi al modello continentale. Questo
contributo cercherà di illustrare il funzionamento del sistema
giudiziario minorile anglo-gallese sovrapponendo tre piani. Il
primo riguarda le linee guida politico-legislative che lo ispirano. Il
secondo metterà a fuoco le articolazioni organizzative del sistema. Il
terzo livello, invece, si concentrerà sui dati relativi all’utenza del
sistema giudiziario minorile, cercando di mostrare come una riduzione
dell’intervento poliziesco-giudiziario sui minori si ponga in realtà in
posizione speculare rispetto al processo di net widening, ovvero di allargamento della rete formale del controllo sociale, così come descritto e analizzato da Stanley Cohen (Visions of Social Control, London: Transaction, 1985).
Il sistema giudiziario minorile anglo-gallese si muove secondo le direttive tracciate dal Crime and Disorder Act, la legge varata dalla Camera dei Comuni nel 1998
e che riforma in profondità il sistema penale, in particolare il
sistema giudiziario minorile. La riforma, approvata dopo un anno
dall’insediamento del nuovo governo laburista dopo 18 anni di
ininterrotti esecutivi a guida Tory, si prefiggeva l’obiettivo di
rispondere in modo immediato ed efficace al panico morale diffuso presso
l’opinione pubblica britannica in relazione alla criminalità di strada e
minorile in particolare. Tony Blair aveva vinto le elezioni all’insegna
dello slogan tough on crime, tough on its causes (duri con la criminalità e con le sue cause). Per questo motivo, il
legislatore abbandonò l’approccio legalistico, ovvero incentrato sulla
tutela dei diritti e delle garanzie dei minori nel sistema penale, per
adottarne uno di tipo welfaristico (Mac Laughlin, E., Muncie, J. (2003), Youth Justice,
London: Sage). Secondo questa impostazione, la titolarità di diritti e
garanzie assume una posizione secondaria rispetto alla tutela sia del
minore, sia della comunità dai rischi che la commissione di atti
devianti può comportare. Per questo motivo, in un paese dove la soglia
del doli incapax, ovvero l’età minima per l’imputabilità
penale, è relativamente bassa, in quanto è fissata a 10 anni contro i 14
anni dell’Italia e i 13 anni di Francia e Spagna, si è optato per una
strategia preventiva, definita di early intervention, ovvero di intervento precoce. I minori vengono costantemente attenzionati a tutti i livelli:
a scuola, in famiglia, sul lavoro, attraverso una rete di agenzie
istituzionali e non, capillarmente diffusa sul territorio, per essere
eventualmente sottoposti ad interventi preventivi o contenitivi secondo
la gravità del caso valutata dalle autorità giudiziarie.
Al vertice della giustizia minorile in Inghilterra e in Galles troviamo lo Youth Justice Board (Yjb),
un organismo indipendente, il cui coordinatore è nominato dal Ministero
della Giustizia, ma i cui componenti vengono selezionati da agenzie
preposte al welfare. Il coordinatore, oltre ad assicurarsi che le linee
guida siano eseguite, si occupa della gestione dei fondi messi a
disposizione dal governo. Si tratta di una vera e propria governance, che non comporta la gestione degli istituti minorili (Secure Estates),
la quale compete direttamente al Ministero che ne affida la gestione a
società che prendono l’incarico in appalto, fornendo tutto il personale
preposto al funzionamento della struttura: guardie, psicologi,
psichiatri, assistenti sociali, insegnanti, medici, infermieri. Questa
specificazione serve per comprendere meglio lafilosofia dell’early intervention,
in quanto nelle mani dello Yjb risiede il coordinamento e
l’implementazione delle politiche trattamentali. Allo Yjb fanno capo lo Youth Justice Resource Hub, che gestisce le risorse necessarie per gli interventi, gli Youth Offending Team
(Yot), articolati localmente, composti da poliziotti, giudici,
assistenti sociali, membri della comunità, preposti all’individuazione e
all’esecuzione degli interventi sui singoli minori, gli Youth Offending Professional Networks,
che raggruppano a livello locale tutti gli esperti di devianza
minorile; infine, troviamo un soggetto come Asset Plus, un network di
pianificazione e valutazione degli interventi nominato dallo Yjb. I
soggetti privati, quindi, si trovano ad operare in un sistema integrato
col pubblico, applicando le direttive elaborate da un organismo che non
dipende direttamente dal governo ma ne è supervisionato. Un’integrazione pubblico-privato che sottende al funzionamento del sistema giudiziario.
Un minore considerato ‘a rischio’ viene segnalato dagli
operatori del territorio (di solito gli insegnanti o il preside) alla
polizia, che valuta la necessità di portare il caso davanti a un
giudice. Il primo provvedimento che scatta nei confronti di un minore
ritenuto a rischio di devianza è quello del parenting order,
vale a dire l’obbligo da parte dei genitori, o del genitore singolo
presso cui il minore è collocato, di assicurarsi che il figlio o la
figlia frequentino regolarmente la scuola e non si rendano colpevoli di
infrazioni del codice penale. Nel caso in cui questa ipotesi si
verifichi, il minore compare davanti alla magistratura (di solito la Magistrate Courts per i reati punibili con meno di cinque anni di reclusione), che può irrogare nei suoi confronti una vasta gamma di provvedimenti: il primo è la caution, ovvero una sollecitazione a controllare i propri comportamenti, che si articola nella reprimand, ovvero la reprimenda, e nel warning, ovvero il monito. Successivamente, il minore può essere sentenziato a svolgere un periodo di community service,
ovvero di attività lavorative non retribuite o di volontariato, oppure –
secondo la gravità del reato, nonché della problematicità del contesto
sociale e familiare di provenienza del minore, o dei suoi problemi
psicofisici – ad attività trattamentali specifiche. I magistrati
prendono la loro decisione dopo essersi consultati con gli Yot che, in
seguito, sono preposti al monitoraggio costante del minore, al fine di
assicurare che il provvedimento venga eseguito e che il suo esito sia
positivo. Per i casi più gravi, si arriva alla detenzione on remand, ovvero prima del processo, e alla sentence, che è a condanna definitiva, da scontare in una delle Secure Estates. Queste si dividono in Secure Homes for Children, preposte alla detenzione dei minori dai 10 ai 16 anni, e Secure Training Centres,
che orientano i giovani di età tra i 16 e i 18 anni verso l’avviamento
professionale. A partire dal 2006, i governi succedutisi in carica hanno
optato per una politica volta alla residualizzazione dell’utilizzo
della risorsa penale e alla valorizzazione delle politiche di controllo
della devianza minorile sul territorio, come vedremo attraverso i dati
successivi.
Negli ultimi dieci anni, si è registrato un aumento dell’età media dei giovani reclusi nelle Secure Estates:
da 14,2 del 2006, si è passati a 15,6 del 2016 (Youth Justice Board
Annual Report, 2016-17, www.gov.uk), a testimoniare la scelta del
governo britannico di privilegiare l’intervento sul territorio
all’approccio brutalmente contenitivo. In direzione di questa scelta,
che ha contribuito alla riduzione dell’approccio penale, va letta la
decisione presa dall’ultimo governo a guida laburista di abolire le Offences Brought to Court,
ovvero una gamma di reati bagatellari commessi dai minori che rendeva
obbligatorio da parte della polizia il loro deferimento all’autorità
giudiziaria. In seguito a questo nuovo provvedimento, sono gli Yot a
fare da filtro tra il minore e la magistratura, privilegiando l’aspetto
dell’intervento trattamentale su quello del contenimento penale. Ad
un’impostazione repressiva si è preferito un approccio preventivo, con
l’implementazione dei programmi preventivi (youth prevention schemes), alternati coi provvedimenti di giustizia riparativa. In
termini di dati numerici, le statistiche evidenziano un drastico
cambiamento di rotta all’interno del sistema penale minorile in
Inghilterra e in Galles. Se nel 2006 i minori che entravano a
vario titolo nel sistema penale erano 348.500, dieci anni dopo
assistiamo ad una riduzione del 75%, in quanto la cifra ammonta a
88.600. Un andamento analogo lo seguono gli arresti: nel 2006, i minori
arrestati ammontavano a 107.700, nel 2016 l’ammontare complessivo è pari
a 18.300, per una riduzione dell’83%. Sulla stessa falsariga si
collocano i reati accertati, che registrano un calo complessivo del 74%:
erano 301.900 nel 2006, sono stati 79.600 sei anni dopo. Spostandoci
all’interno delle Secure Estates, il numero delle presenze
medie risulta drasticamente diminuito, in quanto le 2.800 presenze del
2006 dieci anni dopo si sono ridotte a 960. La sensibile riduzione
dell’utilizzo della risorsa penale sembrerebbe giustificata anche da una caduta verticale del recidivismo.
Rispetto al 2005, la reiterazione dei reati, nel 2014, risultava
diminuita del 72%. Nello stesso arco di tempo, il numero dei minori
incappati nuovamente tra le maglie della giustizia penale era diminuito
in ragione del 79%.
La nuova politica penale minorile promossa da Tony Blair dalla fine degli anni novanta sembrerebbe avere riscontrato successo, in seguito ad una drastica riduzione del numero dei minori che si trova all’interno del circuito penale. Tuttavia, elaborando una riflessione più accurata sul tema, non si possono non sollevare alcune perplessità. Innanzitutto, la bassa soglia del doli incapax,
che parte dai 10 anni di età, costituisce un criterio che, per i nostri
parametri, appare troppo punitivo, nella misura in cui si rivolge a
minori di età troppo giovane. In secondo luogo, questa severità
sembrerebbe confermata dalla cifra, in quanto 960 persone, considerato
che l’Italia ha una popolazione maggiore di quella di Inghilterra e
Galles e un numero di detenuti minorenni inferiore all’incirca della
metà, rappresentano un dato ancora elevato. Inoltre, se guardiamo da
vicino i dati relativi all’utenza all’interno delle Secure Estates, affiorano dei dati che spiegano più dettagliatamente la politica penale minorile perseguita in Inghilterra e Galles.
Tra il 2014 e il 2016, negli istituti penali minorili inglesi e gallesi,
sono transitati 5.651 minori. Di questi, 257 (pari al 4,5% del totale),
sono ragazze. Tra di loro, il 61% dei ragazzi e il 57% delle ragazze è
stato protagonista di abbandono scolastico, il 48% dei maschi e il 50%
delle femmine hanno problemi di stupefacenti, il 33% dei minorenni di
sesso maschile e il 41% tra quelli di sesso femminile denota problemi
mentali. Ancora più grave è la situazione delle ragazze, il 60% delle
quali presenta problematiche relative allo sfruttamento sessuale (contro
il 9% dei ragazzi), e il 63% evidenzia una tendenza all’autolesionismo o
al suicidio (31% nei maschi). Le strutture detentive, in altri
termini, si pongono come il collettore di estremo disagio, come quella
‘discarica sociale’ che caratterizza le prigioni per adulti.
Per un modello di giustizia minorile che, all’inizio, abbiamo definito
di tipo welfaristico, la delocalizzazione verso la prigione dei disagi
sociali più acuti sembra essere una contraddizione. In realtà, il modello inglese di giustizia minorile non abbandona del tutto la sua impronta contenitiva.
In primo luogo, perché un approccio preventivo è imperniato
principalmente sull’individuazione delle categorie sociali ‘a rischio’,
quindi sulla selezione preventiva, che interessa i gruppi sociali
marginali, che vengono resi oggetto di una politica di contenimento,
all’interno della quale prevalgono i casi di disagio estremo, che spesso
vengono letti come potenzialmente forieri di devianza pur non
essendolo. In secondo luogo, perché un approccio di questo tipo viene
attuato attraverso l’attivazione di una rete plurale articolata, dove le
competenze di soggetti diversi si sovrappongono. Negli Yot, i
poliziotti svolgono anche il ruolo trattamentale degli assistenti
sociali e viceversa. Inoltre, i magistrati ricoprono un ruolo di primo
piano, riaffermando la centralità del sistema penale all’interno di
questo approccio, Infine, questa scelta di coinvolgere attivamente i
privati sembra orientare le scelte dei governi britannici più verso la
necessità di razionalizzare i costi e di raggiungere una maggiore
efficienza, che spiega anche la scelta di abolire l’obbligatorietà della
polizia di riferire alla magistratura i casi di reato. Si preferisce
lavorare sul territorio, affidando la gestione dei casi a rischio a
questa rete ibrida composta da poliziotti e operatori trattamentali, che
chiede ai giudici di sanzionare le scelte già compiute da loro. La decisione sui casi di devianza si sposta così indietro di un passo,
senza essere discussa dettagliatamente in un’aula di tribunale, dove i
minori avrebbero maggiori possibilità di affermare i loro diritti e
garanzie. Non a caso, non è stata prodotta alcuna politica volta alla
depenalizzazione, né si è elevata l’età del doli incapax. La
diminuzione del numero dei minori nel sistema penale può essere letta
positivamente, ma per dare un giudizio complessivo sul sistema penale
minorile in Inghilterra e Galles sarebbe rilevante sapere quanti minori
rimangono nel limbo della prevenzione.
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