Nel corso degli ultimi dodici anni ho partecipato come volontaria all’osservatorio adulti e minori dell’associazione Antigone, contribuendo alla costruzione di quello che è il più importante strumento di monitoraggio del sistema penitenziario disponibile nel nostro paese. Ho avuto il privilegio – ho sempre ritenuto tale la possibilità di accedere a luoghi di privazione della libertà – di visitare istituti in molte regioni d’Italia e di scoprire attraverso quelle visite le molte differenze, più spesso contraddizioni, a volte ricchezze, che il nostro sistema esprime. Entrare in carcere da osservatrice ti consente di visitare ogni spazio, sezione o stanza detentiva, di fare domande alla direzione e alla polizia penitenziaria, all’area trattamentale e a quella sanitaria, di raccogliere dati e informazioni per le schede dedicate a ogni istituto e di far confluire tutto questo in una elaborazione generale attraverso la quale si costruiscono i rapporti annuali. A seconda di quanto si rileva, delle modifiche normative e delle contingenze date dall’attualità, ci sono dei temi particolarmente rilevanti che vengono indagati anno per anno, utili a mettere in luce le tante, troppe, criticità del nostro sistema penitenziario. C’è da dire che quando pensiamo al carcere lo facciamo principalmente rivolgendoci agli adulti, un po’ perché i minori detenuti sono percentualmente molto pochi, un po’ perché riteniamo che la giustizia minorile sia estremamente avanzata nel nostro paese, prevedendo per i minori tutta una serie di garanzie non riconosciute ai maggiorenni che incappano nel sistema penitenziario. Sappiamo bene come, in realtà, nessun avanzamento dei diritti può dirsi acquisito per sempre e la giustizia minorile, come molte altre questioni in questo momento nel nostro paese, rischia di regredire in maniera preoccupante.
Negli anni in cui ho fatto parte per Antigone dell’osservatorio minori, mi sono principalmente occupata della Sicilia, visitando i quattro istituti penali per minorenni di Catania, Palermo, Acireale e Caltanissetta.
Molto diversi per grandezza e ubicazione, i quattro Ipm esprimono anche una differente vocazione. Se a Catania la contiguità della struttura con il carcere per adulti lo rende un istituto in cui vigono regole rigide e in cui le sanzioni disciplinari vengono dispensate molto di frequente, nel piccolo istituto di Acireale la costruzione di percorsi individualizzati e le molte attività offerte, rendono più facile offrire ai ragazzi delle vere opportunità.
Questo è vero per tutte le carceri, tanto per adulti quanto per minori, e molti sono i fattori che concorrono a rendere gli istituti anche molto diversi gli uni dagli altri: le dimensioni, la disponibilità di spazi adeguati per le attività, la presenza del mondo esterno, le modalità di relazione tra personale civile e personale deputato alla sicurezza. Nel 2018, in una visita a Casal del Marmo per l’osservatorio minori di Antigone, iniziavano a delinearsi alcune criticità che ho poi trovato amplificate nel 2023, quando ho cominciato a frequentare l’istituto penale minorile romano a seguito della mia elezione a Garante delle persone private della libertà personale di Roma Capitale. Sei anni fa, Casal del Marmo evidenziava la difficoltà nella gestione dei cosiddetti giovani adulti, la cui possibilità di permanere in Ipm era stata modificata da una legge del 2014 portandola da 21 a 25 anni. Questo cambiamento normativo ha sollevato molte critiche e preoccupazioni, soprattutto perché spesso i maggiorenni entrano in Ipm a seguito di una condanna definitiva per reati commessi da minori, ma dopo essere già passati dal carcere per adulti. Non c’è alcun dubbio che questa previsione, immaginata per garantire il più possibile le prospettive di futuro di persone condannate da molto giovani, ha avuto come risvolto negativo quello di sbilanciare sempre più la componente della sicurezza a discapito di quella del trattamento. La scarsità di risorse, la quasi nulla formazione specifica di direttori e operatori della polizia penitenziaria e la carenza di investimenti, hanno trasformato l’Ipm di Casal del Marmo, e molti altri in Italia, in luoghi sempre più simili a carceri per adulti. Se negli scorsi anni nell’istituto per minori romano erano presenti corsi e laboratori formativi come la falegnameria, la pizzeria e la panificazione, tutte queste opportunità sono andate restringendosi: attività non finanziate e impianti e macchinari lasciati in stato di abbandono. La nota positiva dal punto di vista della formazione professionale e dell’inserimento lavorativo, è stata l’inaugurazione, dopo molti anni di lavoro e progettazione, del pastificio Futuro creato dalla cooperativa Gustolibero all’interno di locali concessi in comodato d’uso in un’area adiacente alle mura dell’Ipm. La cooperativa ha assunto alcuni ragazzi al lavoro esterno in articolo 21 e punta ad ampliare la produzione di pasta di qualità e impiegare ancora più lavoratori detenuti. La bella opportunità offerta da questa produzione si scontra, però, con l’assenza di spazi di pernottamento dedicati a chi esce al lavoro all’esterno. Spesso, infatti, chi ha la possibilità di uscire durante il giorno rischia di subire pressioni allo scopo di introdurre in istituto oggetti non consentiti come telefonini e sostanze stupefacenti. Un episodio recente accaduto all’Ipm di Roma suggerirebbe di prevedere anche nell’istituto romano dei luoghi separati per chi accede al lavoro esterno.
Nella mia prima visita da Garante del maggio 2023 ho trovato una situazione estremamente precaria. Le direzioni si avvicendavano da tempo, con nessuna assegnazione stabile e direttori incaricati assegnati ad altri istituti per adulti, così come i comandanti della polizia penitenziaria. Il risultato era una scarsa presenza, con ripercussioni anche sull’energia impiegata per promuovere iniziative e opportunità. In generale, prima del concorso indetto per direttori di Ipm specificamente formati sui temi della giustizia minorile, le figure apicali provenivano dal mondo dell’esecuzione penale per adulti, spesso amplificando una gestione decisamente più rivolta alla sicurezza che al trattamento. Nel corso di tutto il 2023, la presenza di persone detenute è rimasta pressoché stabile, con una media di cinquanta ragazzi presenti, tra cui sei o sette ragazze.
Parlando delle condizioni strutturali, Casal del Marmo è un luogo con molto verde e numerosi spazi dedicati alle attività e allo sport ma, se nel 2018 c’erano tre palazzine agibili, nel 2023 sono solo due e questo rappresenta un problema che ha effetti particolarmente afflittivi per le ragazze detenute, costrette a vivere al piano terra della palazzina che ospita i ragazzi minorenni.
Le criticità di questa scelta “obbligata”, si sostanzia nella mancanza di un’area verde dedicata e, per scelte organizzative che ho sovente contestato nel corso delle mie visite, alle ragazze viene consentito un periodo all’esterno e una possibilità di utilizzare gli spazi comuni, come per esempio la biblioteca, estremamente ridotto. In mancanza di spazi, e in attesa che almeno una delle palazzine chiuse venga riaperta, si dovrebbero promuovere un maggior numero di attività coinvolgendo ragazze e ragazzi insieme.
Tornando alle questioni strutturali, continuano a esserci problemi relativi agli impianti mal funzionanti che provocano perdite di acqua e muffa sui muri, nonostante i frequenti ricorsi alla manutenzione.
Alcune segnalazioni hanno poi riguardato la frequenza scolastica: in alcuni giorni, la mancanza di personale di polizia ha impedito a ragazzi e ragazze di recarsi a scuola, perché non c’erano agenti a svolgere il servizio di sorveglianza nella palazzina dedicata ai corsi scolastici.
Mancanza di personale, gestione troppo spesso autoritaria, chiusura di laboratori professionalizzanti che contribuivano alla costruzione di un possibile inserimento lavorativo esterno, sono solo alcuni dei problemi che hanno riguardato l’Ipm in questi anni. A tutto questo, ovviamente, si somma la difficile condizione dei ragazzi stranieri, spesso entrati in Italia come minori stranieri non accompagnati, che rappresentano oltre il 50% delle presenze negli Ipm di tutto il Paese. La maggiore difficoltà ad accedere alle alternative previste provoca la permanenza di questi ragazzi negli istituti anche per reati molto lievi e questo, nella loro percezione, è visto come una grande ingiustizia che suscita malessere, scarsa adesione alle regole e difficoltà di adattamento. Nelle cronache viene spesso dato risalto a episodi che provocano danneggiamenti alla struttura – ed è successo più di una volta all’interno dell’istituto di Casal del Marmo – ma poco ci si sofferma sulle condizioni in cui questi ragazzi e ragazze passano le loro giornate. Dall’introduzione del decreto Caivano, in più di un’occasione ragazzi ritenuti responsabili di proteste sono stati mandati al carcere per adulti. Come Wassim (nome di fantasia) che appena diciottenne ho rincontrato a Regina Coeli. Sarà fondamentale monitorare gli effetti di quel decreto nei prossimi mesi che, con i suoi inasprimenti, le sue chiusure, le previsioni attraverso le quali sarà più facile per un minorenne finire in un istituto penale, ci raccontano di un governo che ha completamente frainteso il ruolo che dovrebbe spettare al sistema della giustizia minorile. Sostenere, dare opportunità, contribuire allo sviluppo e alla crescita di ragazzi e ragazze che nella maggior parte dei casi hanno vissuto, anche se così giovani, delle vite particolarmente difficili. Pensare di risolvere problemi sociali utilizzando il carcere, come se le manette come un colpo di spugna potessero risolvere qualsiasi questione, è già di per sé deprecabile. Attuare questo metodo nei confronti di persone minori è quasi criminale.
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