Introduzione
L’analisi che segue si fonda su una serie di capillari informazioni, tanto quantitative quanto qualitative, raccolta mediante un questionario
da noi elaborato insieme all’associazione Antigone e somministrato alle
direzioni dei sedici Istituti Penali per Minorenni italiani. In
particolare, ci concentreremo sulle risposte alle domande che hanno
riguardato la partecipazione degli ospiti stranieri alle attività
scolastiche e culturali e il ruolo giocato da fattori di diversa natura
che l’attuazione di un progetto educativo chiama in causa.
Una parte dei risultati prodotti dall’analisi delle risposte è stata
presentata e discussa in un articolo di recente pubblicazione (Caravita,
S., Valente, A. (2017), Minori e giovani stranieri negli istituti
penitenziari italiani: elementi di vita intorno al percorso educativo,
in Migrazioni e Integrazioni nell’Italia di oggi, a cura di Corrado
Bonifazi, Roma: Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche
Sociali – IRPPS Monografie), nel quale sono presi in considerazione il
ruolo ambiguo della famiglia come sostegno del percorso educativo dei
giovani detenuti stranieri e i dati relativi all’istruzione scolastica.
Di questa parte riportiamo qui solo quanto concerne la frequenza ai
corsi e il successo scolastico.
Premettiamo che ben undici Ipm hanno indicato cambiamenti occorsi negli
ultimi due anni relativamente agli ospiti stranieri. Questi riguardano,
secondo le diverse sedi degli Ipm: paesi di provenienza (maggiore flusso
da paesi dell’Africa sub-Sahariana), crescente presenza di Msna ma
anche di stranieri di seconda generazione, progetti migratori non ben
definiti, diminuzione di rom e sinti, aumento percentuale dei giovani
adulti rispetto ai minori, incremento di posizione giuridica definitiva
in seguito a condanna, multi-problematicità. Quest’ultimo punto è
menzionato da parecchi Istituti e riguarda aspetti psicologici,
psichiatrici, tossicodipendenza, abuso di alcoolici.
La partecipazione ai corsi scolastici
Il breve periodo di permanenza di giovani e di minori in Ipm,
purtroppo a volte seguito da rientri a singhiozzo, e l’elevato turnover
non consentono di rapportare il numero di frequentanti per ogni
tipologia di corso attivato ai dati sulle presenze in Ipm e pongono
anche il problema di cosa intendere per frequenza stabile ai corsi. Noi
abbiamo preferito non indicare un lasso di tempo predefinito come misura
di stabilità e chiedere, invece, agli Ipm di considerare stabile la
frequenza assidua relativa al periodo di permanenza in istituto.
Quindici Ipm su sedici ci hanno indicato il numero di minori e giovani
che hanno frequentato i corsi scolastici attivati dall’Istituto nel
2016.
La maggioranza degli ospiti stranieri (116 maschi e 67 femmine)
ha frequentato corsi di alfabetizzazione alla lingua italiana, che in
realtà sono stati seguiti anche da ospiti Italiani (15).
Trentasei ospiti hanno anche seguito specifici corsi per l’integrazione linguistica e sociale per stranieri.
Molti ospiti stranieri hanno frequentato corsi di scuola primaria (66
maschi e 47 femmine), seguiti dai corsi di scuola secondaria inferiore
(43 maschi e 21 femmine) e dai corsi di scuola secondaria superiore,
seguiti più dalle ragazze (58) che dai ragazzi (15). La percentuale di
maschi è risalita con riferimento ai corsi di formazione professionale,
seguiti da 55 ragazzi a fronte di 20 ragazze.
Cause di vario genere, oltre al breve periodo di permanenza in IPM, limitano il numero dei diplomi conseguiti
rispetto al numero di corsi seguiti. Ciò nonostante, nel corso
dell’anno scolastico 2015-2016 risulta che 209 giovani e minori
stranieri transitati in 14 dei 16 Ipm (due Ipm non hanno fornito
risposta a questa domanda.) italiani abbiano conseguito un diploma.
Diplomi di alfabetizzazione linguistica e alfabetizzazione scolastica
sono acquisiti per lo più da ospiti maschi stranieri. Le ospiti
straniere conseguono soprattutto diplomi di scuola secondaria inferiore e
di scuola primaria, seguiti da diplomi di alfabetizzazione linguistica e
di secondaria superiore. I diplomi scolastici di secondaria superiore
sono conseguiti soprattutto da ospiti italiani. Diplomi di formazione
professionale vengono conseguiti da maschi, soprattutto italiani, ma
anche stranieri. Infine, un numero limitato di ospiti italiani e
stranieri consegue una certificazione relativa a specifiche attività
extracurricolari.
Non tutti gli Ipm, però, hanno la possibilità di implementare tutti i
livelli scolastici previsti dal nostro ordinamento. L’Ipm di Roma, ad
esempio, ha dichiarato che alcuni giovani detenuti sarebbero
stati interessati a frequentare corsi secondari superiori, che però non
erano ancora stati attivati.La partecipazione ad attività educative e culturali
Tutti gli Ipm elencano laboratori attivati in una grande varietà di campi:
artigianato, cucina, grafica, informatica, scrittura, teatro,
cineforum, musica, pittura. Oltre a questi ci sono le attività sportive
e, in alcuni IPM, visite culturali sul territorio.
Tutti (tranne l’Ipm di Pontremoli che non risponde al quesito)
registrano l’influenza positiva delle proposte culturali, mettendo in
luce le molte dimensioni (cognitive, emotive, sociali) degli effetti
prodotti, che “favoriscono anche una migliore adesione al più generale
percorso trattamentale ed educativo” (Bari) e la “creazione di una rete
territoriale” (Caltanissetta).
Anche ammettendo che le risposte possano in parte essere influenzate
dalle intenzioni a monte dell’organizzazione delle suddette attività,
non si può non sottolineare come i commenti inviati contengano in genere osservazioni puntuali sui ragazzi, alcune delle quali si ripetono uguali nei diversi Istituti. Queste riguardano:
- l’incremento di capacità linguistiche, comunicative, relazionali (Ipm Potenza, Catania, Catanzaro, Caltanissetta)
- l’adattamento al rispetto di regole (Ipm Potenza)
- le accresciute conoscenze sulle culture di provenienza, il riconoscimento dell’altro nel rispetto delle differenze, l’integrazione, l’abbattimento di stereotipi (Ipm Potenza, Treviso, Acireale, Airola, Caltanissetta)
- la possibilità di canalizzazione dei propri vissuti (Ipm Potenza)
- l’accresciuta partecipazione e l’incremento di positive dinamiche di gruppo, anche tra giovani stranieri e italiani (Ipm Potenza, Catania, Treviso, Caltanissetta)
- lo sperimentarsi in ambiti nuovi e diversificati, ampliando interessi, scoprendo attitudini, passioni, risorse proprie e potenzialità che possono essere di aiuto in un progetto di ri-inclusione sociale (Ipm Palermo, Quartucciu, Airola, Roma, Nisida, Milano)
- l’opportunità di acquisire nuove conoscenze e competenze per orientarsi sulle preferenze lavorative future, sperimentare nuovi stimoli (IPM Catanzaro, Milano)
- il miglioramento dell’autostima e della conoscenza di sé, l’opportunità di lavorare su alcuni aspetti della propria personalità (IPM Caltanissetta, Nisida)
- il sentirsi parte attiva nel processo di reciproca conoscenza (IPM Bologna)
Due Ipm annotano, inoltre, alcuni aspetti che incidono
negativamente sugli esiti delle proposte educative e culturali: l’Ipm di
Milano rileva le difficoltà dei ragazzi ‘a riposizionarsi nella realtà’
e l’Ipm di Torino sottolinea che i tempi di permanenza ridotti spesso
non consentono il completamento del percorso attivato.
La partecipazione a iniziative di socializzazione
Anche in questo caso, le iniziative dichiarate dagli Ipm sono molte
e varie e mettono in evidenza i rapporti di collaborazione che gli
Istituti riescono a stabilire con il territorio, sia nella forma di enti
e istituzioni pubbliche, come la Scuola, sia nella forma del volontariato religioso e laico o di cooperative che propongono in modo professionale laboratori per lo più di tipo espressivo.
Potenza, Palermo, Catanzaro e Caltanissetta, in particolare, descrivono
molti tipi di eventi e attività, anche con cadenza periodica e non solo
in occasione di festività. Alcuni fanno parte di veri e propri progetti
realizzati attraverso Protocolli d’intesa con enti pubblici, come ad
esempio gli incontri per sensibilizzare all’uso consapevole di Internet o
fare prevenzione per la salute o la partecipazione a progetti collegati
col territorio.
Attraverso tornei, partite di calcetto con squadre esterne, incontri con
scolaresche, attività ricreative (teatro, karaoke, cineforum, cabaret,
giochi circensi), laboratori e momenti di convivialità i ragazzi hanno
modo di incontrare giovani esterni e adulti, che con la loro
disponibilità di volontari si mostrano aperti a costruire relazioni.
Grazie a proposte di tipo culturale viene data ai ragazzi l’occasione di
incontrare scrittori, poeti, ricercatori scientifici, registi,
politici, quindi figure adulte che veicolano saperi, passioni, modelli e
anche una rappresentazione di quanto un contesto socio-culturale può
offrire per arricchire la vita di ognuno.
Viene anche data ai ragazzi stranieri la possibilità di condividere ciò
che hanno da offrire, di essere portatori di cultura, per esempio
condividendo musica, piatti tipici, riti religiosi. Citiamo, come
esempio, quanto è stato scritto dall’Ipm di Caltanissetta a proposito
dello spettacolo “La coscienza è la voce dell’anima” realizzato nel
2016.
“Tutti i presenti nell’Ipm si sono esibiti recitando, cantando,
danzando, suonando e rappresentando se stessi con le proprie peculiarità
personali e culturali viste come arricchimento per l’altro gruppo. I
ragazzi stranieri hanno recitato in parte nella loro lingua raccontando
del loro viaggio, dei motivi che li hanno spinti ad affrontarlo, di chi
ha perso qualcuno in guerra, della sofferenza per la distanza dalla loro
famiglia, delle differenze religiose e limitazioni culinarie e di come
la conoscenza dell’altro aiuti a superare i pregiudizi e le paure”.
L’incontro con il ‘mondo di fuori’, mediato da adulti esperti, permette momenti di condivisione con realtà e persone che possono lasciare il segno,
forse poiché le precedenti condizioni e circostanze di vita dei ragazzi
e, in particolare, degli stranieri non hanno consentito questa
esperienza.
Può trattarsi di legami affettivi significativi che diventano un punto
di riferimento (Ipm Potenza, Airola), di chiarimento rispetto a
prospettive di vita futura, acquisizione di fiducia nelle istituzioni
(Ipm Caltanissetta) o migliore comprensione di ciò che è
lecito/accettabile o meno nel presente contesto socio-culturale rispetto
a quello di provenienza (Ipm Caltanissetta). In ogni caso si tratta di
momenti di evasione mentale e di interruzione di giornate che seguono
ritmi fortemente scanditi e routinari (Ipm Bari, Quartucciu, Roma,
Torino), che riducono le distanze tra il dentro e il fuori (Ipm Roma),
anche perché si amplia lo sguardo e la capacità di lettura di situazioni
varie e diverse (Ipm Milano).
Tutto ciò purtroppo ha un costo per gli organizzatori, i quali non
vengono agevolati dalla burocrazia, e non sempre è sufficiente per
mitigare la percezione dei ragazzi che si sentono ai margini e dei
giovani immigrati, che sentono che la partenza dal proprio paese non è
stata risolutiva per il proprio disagio (Ipm Bologna), accresciuto ora
dalle differenze linguistiche (Ipm Catania, Caltanissetta). I mediatori
culturali, le risorse umane, la continuità necessaria per l’incidenza
delle iniziative non sono sempre alla portata e all’altezza della
complessità organizzativa richiesta, specialmente per la gestione delle
dinamiche tra gruppi diversi, tra ragazzi e ragazze. Si sottolinea che è
importante costruire bene le situazioni socializzanti, “pensarle e supervisionarle con estrema attenzione, anche se si svolgono in un clima maggiormente informale” (Ipm Potenza).
Cosa blocca e cosa favorisce percorsi di successo
Gli Ipm riconoscono sia successi che criticità dei percorsi
educativi e ri-educativi predisposti per la crescita dei giovani e
minori stranieri.
A ragione, si ricorda come un successo la costruzione di un clima
positivo nell’ambito del gruppo di pari e soprattutto la costruzione di
una ‘rete trattamentale funzionale’ che consente di
disporre di risorse utili per processi integrativi e di accoglienza e
per il mantenimento dei rapporti con i nuclei familiari di origine (Ipm
Potenza, Catanzaro, Airola). Di questa rete possono fare parte tanto
strutture territoriali, comunitarie e servizi, quanto la famiglia, se è
presente sul territorio, oppure operatori e famiglie di volontari che
offrono sostegno affettivo (Ipm Catania).
Vengono poi richiamati fattori che si auspica possano far parte delle
condizioni di trattamento e inserimento per la funzione positiva che
viene loro attribuita; per esempio: “l’offerta di percorsi chiari e
restitutivi che abbiano continuità con l’esterno, permanenze lunghe in
Istituto in quanto garantiscono la possibilità di rafforzare la
motivazione al cambiamento e costruire percorsi più mirati e rispondenti
alle esigenze educative” (Ipm Roma). Oppure “risorse per l’avviamento al lavoro” (Ipm Bologna).
Molte delle criticità sono rappresentate dagli ostacoli che rendono
difficoltoso il raggiungimento delle suddette condizioni positive e
l’espletamento di alcune pratiche burocratiche, come la
richiesta di documenti dei ragazzi e ragazze, ostacolata anche dalle
differenze giuridico-culturali tra paesi. Rintracciare i familiari è
problematico, specialmente in alcune aree geografiche (ad es., la
Guinea). La burocrazia pesa anche sull’inizio dell’attività scolastica,
nonostante le esigenze vengano espresse entro i tempi dovuti.
Guardando ai risultati immediatamente evidenti per ragazzi e ragazze, sono considerati indici di successo l’inserimento in corsi di alfabetizzazione e di tirocinio formativo, i titoli di studio conseguiti, i premi letterari, ma anche l’integrazione con i ragazzi italiani.
Alcuni Ipm (Catania, Bologna, Torino) riportano aspetti meno tangibili ma molto importanti
del cambiamento dei ragazzi, perché hanno a che fare con dimensioni
interne: forte motivazione all’apprendimento della lingua e cultura
italiana, consapevolezza della realtà, predisposizione al cambiamento,
determinazione a tentare un percorso di vita diverso che li aspetta.
Il processo di crescita dei ragazzi è intralciato da fattori che pesano
in modo diverso nelle diverse storie personali, ma che sono
evidentemente negativi: la privazione di legami affettivi, la difficoltà
di relazione con la famiglia, condizioni socio-familiari complesse che
incidono negativamente, il disagio psichico che deriva dalla difficoltà
di capire il contesto, di comunicare, la mancanza di requisiti culturali
o anche psicologici per accedere alle risorse offerte, la mancanza di
documenti, la scarsa fiducia e determinazione a perseguire percorsi di
vita alternativi. In alcuni casi, e più frequentemente in questi anni, il disagio si è trasformato in patologie a carattere psichiatrico o psicologico, anche conseguenza di abuso di sostanze psicotrope. Interessante il commento dall’IPM di Caltanissetta che rileva come: “la
difficoltà di integrazione con l’utenza italiana dovuta alla mancanza
di apertura e di accoglienza del ‘diverso’ da parte dei detenuti
italiani è andata scemando negli ultimi anni”.
La possibilità di far partecipare i ragazzi ad attività di
lavoro, apprendistato, tirocinio, stage, che certamente favorisce la
successiva re-integrazione sociale, è piuttosto scarsa.
Non tutti gli Ipm hanno dato una risposta sugli elementi che la ostacolano, ma quelli indicati sono interessanti:
- posizione giuridica dei ragazzi: solo gli ospiti in situazione definitiva possono accedere ad attività lavorative esterne (quasi tutti gli Ipm)
- I giovani stranieri in custodia cautelare hanno tempi di permanenza brevi che non consentono un adeguato periodo di osservazione per valutare la possibilità di inserimento nel lavoro. Ciò si aggiunge ai problemi linguistici (Palermo)
- mancanza di risorse lavorative all’esterno, di progetti borse-lavoro, di corsi professionali che prevedono stage e tirocini (Catania)
- fattori di sicurezza: non è sempre disponibile sufficiente personale addetto al controllo durante le attività svolte da più giovani e all’accompagnamento qualora si realizzino possibilità di percorsi lavorativi individuali (Potenza)
- carenza di mezzi di trasporto pubblico (Catania)
- limiti delle risorse economiche per progetti che prevedono una retribuzione (Catanzaro, Caltanissetta)
- disponibilità dei ragazzi “l’aiuto economico alle loro famiglie porta a tentare di accumulare denaro in poco tempo e non riescono ad accontentarsi di percorsi con fondi minimi, senza guadagno immediato” (Bologna)
- scarsa sensibilità del territorio ad accogliere giovani dell’area penale (Caltanissetta)
- vincoli burocratici. Risulta spesso difficoltoso rispettare tempi e modalità di iscrizione dei giovani ai corsi (Torino)
Aspettative per il futuro
L’indagine svolta evidenzia una grande varietà e complessità di situazioni.
In primo luogo, questa varietà si riscontra nelle origini dei giovani e
nelle loro diverse esperienze e relazioni col contesto italiano. Alcuni
ospiti, infatti, sono minori e giovani di seconda generazione;
questi sono in aumento a Treviso, ma anche a Catania, dove sono
presenti giovani nati da famiglie originarie del Marocco e dell’Albania.
Al 31 gennaio 2017, Nisida conta come giovani nati da famiglia di
seconda generazione 20 ragazzi e ragazze Rom, Potenza 3 ragazzi
dell’Europa dell’Est e 1 ragazzo dal Nord Africa, Milano 3 Rom, 5
Nordafricani e 3 provenienti dall’Unione Europea (Croazia, Germania,
Francia). Dunque, le famiglie degli ospiti in Ipm immigrati di seconda
generazione provengono da vari paesi, anche in base alla concentrazione
di gruppi e comunità e alle loro possibilità di organizzazione e di vita
sull’altrettanto mutevole territorio italiano. A testimonianza di tale
mutevolezza, agli Ipm che evidenziano presenze – anche in aumento- di
ospiti di seconda generazione, fanno riscontro Ipm dove (sempre al 31
gennaio 2017) non se ne riscontra alcuno, ad esempio gli Ipm di
Acireale, Airola, Caltanissetta e Quartucciu.
Oltre ai giovani ospiti italiani, accanto a questa tipologia di ‘non italiani’ convivono giovani stranieri al loro primo ingresso in Italia,
e anche in questo caso la varietà è notevole: Nisida e Milano hanno
ospiti che hanno varie origini e provengono da diversi continenti:
giovani rom, nordafricani, europei, asiatici e sud americani (a Milano
anche un giovane asiatico e giovani dell’Unione Europea); Roma ha ospiti
rom e provenienti da Europa dell’Est e Nord Africa; Potenza dall’Europa
dell’Este Nord Africa; Acireale e Quartucciu dal Nord e Centro Africa;
Airola dall’Europa dell’Est; Caltanissetta dal Nord Africa; a Catania in
gran parte i giovani stranieri arrivano dall’Africa Centrale (Senegal
Gambia, Guinea, Costa D’Avorio, Nigeria).
Questa varietà di origini di minori e giovani stranieri nei nostri Ipm comporta un’estrema varietà dei vissuti
e della specificità delle storie individuali sottese ad ogni presenza e
pone una sfida, mettendo duramente alla prova la costruzione di un
percorso educativo e rieducativo che possa considerarsi di successo. Si
tratta di una sfida che si aggiunge alle difficoltà che caratterizzano
in generale il sistema degli Ipm, tanto per gli stranieri quanto per gli
italiani, e in primis quelle dovute all’età degli ospiti, non solo
minori, ma anche giovani adulti.
Tra i suggerimenti e le proposte che variamente emergono sia
dall’indagine nazionale sugli Ipm, che dalle interviste con focus su
Roma, alcuni sono decisamente orientati verso la riflessione sul sistema educativo come strumento di prevenzione.
Le capacità di inclusione della scuola, in cui i minori stranieri
incontrano le maggiori difficoltà e sono a maggiore rischio di
esclusione, dovrebbe ro essere valorizzate e ciò richiede di per sé una
riflessione ampia e un insieme articolato di misure Quest’ultime vanno
dal dare strumenti all’educativa di strada fino a piccoli interventi
specifici, come ad esempio istituire o ripristinare figure importanti di
mediatori sociali che diano anche sostegno materiale affinché i minori
frequentino(nel confronto con la burocrazia, ad esempio, o
nell’accompagnare i bambini a scuola) o ancora ripristinare e rendere
funzionanti i trasporti pubblici a ridosso dei quartieri in cui sono
presenti nuclei abitativi a elevata concentrazione di stranieri. Anche
il nuovo Albo per Tutori volontari potrebbe essere uno strumento di
aiuto per i minori stranieri nella fase di crescita e nei processi
educativi.
Una volta aperti i cancelli degli istituti penitenziari, la sfida educativa è ancora più dura.
Tra le metodologie didattiche che potrebbero essere utilizzate dentro gli Ipm, alcuni operatori suggeriscono la valorizzazione del lavoro di gruppo,
che a ben vedere, riferendosi alla capacità di ciascuno “di lavorare in
modo collaborativo quale parte del processo di apprendimento, di
cogliere i vantaggi che possono derivare da un gruppo eterogeneo e di
condividere ciò che ha appreso”, costituisce una delle articolazioni di
“imparare a imparare”, compresa tra le otto competenze chiave promosse
dall’Unione Europea per contribuire a una vita positiva “nella società
della conoscenza” (cfr. Raccomandazione relativa alle competenze chiave
per l’apprendimento permanente del Parlamento Europeo e Consiglio
dell’Unione Europea, 2006/962/CE).
Alcuni operatori romani, riguardo all’organizzazione dei corsi, rilevano
che occorrerebbe costruire maggiori opportunità di accesso a corsi di
qualità che rilascino attestati e nel contempo che abbiano durata breve,
che siano organizzati in maniera modulare e che nei limiti del
possibile siano pensati per ogni individuo. Infatti, è stato evidenziato
come, paradossalmente, i tempi brevi di permanenza, legati all’aver
commesso reati di minore entità, possono contrastare con la possibilità
di costruire dei progetti di vita che aiutino il minore a prendere le
distanze da un contesto sfavorevole costruendo il proprio futuro. Per
questo motivo, oltre ai problemi già evidenziati legati alle figure
adulte di riferimento e alla possibilità di giungere al possesso dei
famigerati “documenti” che portano con sé la possibilità di cimentarsi
in un percorso lavorativo, diventano cruciali aspetti specifici che
facilitino la costruzione di un percorso formativo. Tra questi, oltre
alla costruzione di corsi modulari di qualità, viene rilevata la possibilità di aprire un dialogo con tutte le strutture del territorio,
sociali e scolastiche, per poter proseguire un percorso formativo e
portarlo a compimento, così come la possibilità di creare una rete di risorse pubbliche e private.
Nel Lazio, per citare un esempio che ha avuto un’altissima incidenza di
successi, una ripartizione di funzioni tra Ipm, Servizi Sociali e Cpa,
ha fatto sì che gli educatori di prima accoglienza potessero seguire i
progetti di giovani in misura cautelare quale prescrizione o permanenza
in casa anche laddove, per la minore entità del reato commesso, i minori
sarebbero stati meno seguiti per garantire la priorità ai casi più
gravi. Poter selezionare il tipo di progetto e il momento adatto per
guidare il minore è risultato, in molte situazioni, un elemento
essenziale di successo.
Infine, si deve sottolineare l’esigenza di rinforzare e sostenere il dialogo inter-istituzionale (di
cui il protocollo d’intesa tra Ministero della Giustizia e Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca siglato a Palermo il 23
maggio 2016 e basato su previ accordi, costituisce un buon esempio),
come anche l’urgenza di affrontare le necessità specifiche della formazione dei docenti, troppo importante per essere lasciata a corsi non centrati sulle reali esigenze degli Ipm.