Caivano, Palermo, stupro.
Facendo una ricerca della frequenza con la quale queste parole sono state cercate su Google nell’arco del 2023 si nota che in agosto, per tutte e tre, vi è stata un’impennata.
In quei giorni due fatti sono stati al centro delle cronache della stampa e della discussione politica: lo stupro di un gruppo di ragazzi ai danni di una ragazza a Palermo e di un gruppo di ragazzi ai danni di due ragazze a Caivano. In tutti e due i casi la maggior parte degli autori del gesto erano minorenni, così come minorenni erano le vittime.
Collegate alla parola chiave “Caivano”, una serie di ricerche che riguardavano il decreto legge che poco dopo il governo Meloni ha approvato, introducendo una serie di norme punitive nei confronti dei minori autori di reato – ma anche dei loro genitori, come nel caso di abbandono o elusione dell’obbligo scolastico.
In quel momento la narrazione pubblica sul tema sembrava suggerire un aumento vertiginoso della criminalità minorile, tanto da essere una delle principali problematiche su cui dover intervenire. Questo nonostante i dati del Ministero dell’Interno ci parlino di un fenomeno che, tra alti e bassi, rimane costante da oltre 10 anni con circa 30.000 segnalazioni medie annue di denunce o arresti (in Italia i reati totali denunciati ogni anno sono circa due milioni). Nei giorni successivi, invece, l’attenzione si è sopita, le ricerche su Google sono tornate ai livelli di sempre (nei casi di “Caivano” e “stupro”, molto bassi o quasi inesistenti), ma il decreto del governo e le normative introdotte sono rimaste.
Non è raro che la comunicazione, tanto quella giornalistica quanto quella delle varie trasmissioni di infotainment (come ad esempio le tante trasmissioni del pomeriggio televisivo, a metà strada tra il giornalismo e l’intrattenimento), spinga a interventi riformatori in ambito penale. Che davanti a casi di cronaca di forte impatto ci sia un’ondata di emotività tra il pubblico che il sistema dell’informazione non riesce a prevenire né a limitare e di cui la politica approfitta o reagisce (a seconda dei posizionamenti) per promuovere interventi dal forte impatto punitivo.
Aspetti su cui proprio gli operatori dell’informazione hanno le loro responsabilità. Intanto nel numero di notizie che trattano fatti di cronaca, in Italia ben più presenti di quanto avviene all’estero, ma anche ben più presenti di quanto non sia l’entità reale di questi fenomeni. “La criminalità in Italia, rispetto alle reti europee, è una pagina ampia e costante”, sottolineava un rapporto Demos-Unipolis del 2010. Analisi confermata in un secondo rapporto del 2017 che concludeva confermando “una scelta dell’informazione italiana di “prendere le distanze dalla realtà”, dando visibilità a crimini, come gli omicidi per esempio, che, secondo le statistiche Istat, sono in costante calo”.
Poi nel come sono presentate le notizie: generalmente con servizi che puntano all’aspetto emotivo, con interviste, vox-populi, in alcuni casi anche con musiche di sottofondo. Dei piccoli racconti noir che puntano tutto sulla reazione emotiva. Così che, anche laddove i servizi successivi o altri articoli (comunque, va detto, spesso molto più distillati) presentino numeri e dati che in qualche modo inquadrano il fenomeno, la fredda razionalità di queste statistiche non riesce a far breccia nel cuore e nella mente, dove i racconti sono invece penetrati. Quello che resta sono dunque i racconti dei fatti e non il contesto di quei fatti.
In questo contesto “emergenziale”, non stupisce dunque neanche l’ondata di notizie che riguardano i cosiddetti eventi critici che avvengono all’interno degli Istituti Penali per Minorenni (IPM).
Sempre andando a guardare i trend di Google, ricercando la parola chiave “Beccaria” si nota un picco di ricerche nel dicembre del 2022. Cosa era accaduto? Sette minorenni erano evasi dall’Istituto che, negli ultimi anni, è stato interessato da lavori di ristrutturazione, ma anche da un peggioramento delle condizioni che si vivono al suo interno.
Anche in quel caso la narrazione suggerita raccontava di un problema crescente negli IPM, tra eventi critici fatti di disordini, scontri, aggressioni, appunto evasioni. Di un sistema, quello della giustizia minorile, che andava riformato.
La realtà è che questo sistema funziona, che rappresenta un riferimento anche per altri paesi, laddove pone al centro il recupero sociale dei ragazzi. Ampliando lo sguardo fuori dal carcere si capisce che invece un problema forse c’è e lo stesso carcere rappresenta lo specchio fedele della società. Telefono Amico, che dal 1967 offre supporto a chi si trova in un momento di crisi, soprattutto per prevenire gesti estremi, ha segnalato che la sua utenza è raddoppiata dalla pandemia ad oggi, crescendo soprattutto per i giovani. Mentre l’Istat, con dati fermi al 2021, dice che la percentuale di adolescenti in cattive condizioni di salute mentale è del 20,9 per cento, quando nel 2019 era del 13,8 per cento.
Dare conto della complessità è una delle sfide principali del sistema dell’informazione. Una sfida a cui non si può rinunciare.